Studenti portano affetto e aiuto alle vittime dell’alluvione e della Guerra
di Melani Manel Perera

Studenti del Holy Family Convent hanno mostrato la loro vicinanza alle vittime dell’alluvione nelle province meridionali e alle vittime della guerra in quelle settentrionali, visitandole e offrendo cibo e vestiario.


Colombo (Asia News) – Studenti del Holy Family Convent hanno mostrato la loro vicinanza alle vittime dell’alluvione nelle province meridionali e alle vittime della guerra in quelle settentrionali, visitandole e offrendo cibo e vestiario. Le vittime dell’alluvione vivono ancora in capanne costruite di fortuna e anche quelle del nord, quando non sono per strada.

Noispiega ad AsiaNews suor Deepa Fernando, direttrice dalla scuola – per offrire sostegno alle vittime dell’alluvione abbiamo scelto un villaggio chiamato Gorakawela e con amore abbiamo portato alimenti di prima necessità, acqua e vestiti. Perché normalmente le persone colpite restano isolate ancora dopo poche settimane e vogliamo recarci da loro quando non hanno nessuno che lo faccia”.

“Noi – dice uno studente – membri dell'associazione "OUTREACH" del Convento della Sacra Famiglia, Bambalapitiya a Colombo, volevano dare una mano a tutte le vittime del nostro Paese. Con l'aiuto del corrispondente di AsiaNews abbiamo scelto vittime del sud e del nord".

Secondo Sahan Gonalagoda attivista dei diritti umani, il villaggio, Gorakawela nel segretariato provinciale di Pitabaddara nel distretto di Matara è stato totalmente distrutto dalle onde alte 20 piedi del fiume Nilwala a Matara (nella foto). Nel villaggio c’erano 360 famiglie e 75 di loro sono state gravemente colpite. 15 case distrutte.
"Volevamo condividere il nostro amore con queste 75 famiglie che sono state gravemente colpite. Abbiamo ascoltato le loro tristi storie e le abbiamo aiutate a sollevarsi almeno un po’”, hanno raccontato gli studenti dell'associazione "OUTREACH".

Suor Deepa riferisce che hanno visitato altre 20 famiglie colpite da una frana nel villaggio di Morawakakanda. "Tutte queste famiglie non avevano niente. Gli era rimasto solo quello che avevano addosso”. "La cosa molto commovente è che la maggioranza delle persone in entrambi i villaggi  vivono ancora in capanne temporanee, alcune persone non hanno neppure il permesso di ricostruire le proprie abitazioni dove erano, a causa del rischio che presentano.  Ma non hanno altri posti per la ricollocazione”.

“Dopo essere andati a sud, ci siamo rivolti al nord con l'aspettativa di condividere il nostro amore con le donne che da mesi fanno un picchettaggio per chiedere il rispetto dei loro diritti di vita. Siamo andati al villaggio di Keppapilavu nel distretto di Mullathivu".
"Quando siamo arrivati, i bambini erano andati a scuola. Alcune persone anziane ci hanno accolto con calore, ringraziandoci.

Aunty Sarasadevi una delle donne che stanno lottando e il sacerdote indù Arumugam Velayudhapillai del villaggio Keppapilavu ci hanno detto che quando è cominciato stavano vivendo in modo molto pacifico e mantenendosi con la pesca e l'agricoltura e non avevano alcun problema. Oggi 182 famiglie vivono lontano e combattono per tornare al loro villaggio. Che l’esercito ha preso e ne ha fatto la sede della Forza di sicurezza del distretto di Mullathivu ".

“Ci si chiede come hanno fatto i militari. Perché in questo villaggio di Keppapilavu ora militare c’erano 3 Kovils indù, una chiesa cattolica, una scuola, una sala comunale, una biblioteca, una cooperativa, una pre-scuola, due cimiteri cristiani, due cimiteri indù e 5 pozzi comuni. Ora gli abitanti del villaggio vivono come nomadi davanti all’ingresso principale del loro villaggio in una capanna temporanea". "Dopo averli ascoltati – raccontano gli studenti di 'OUTREACH’ - abbiamo condiviso il nostro amore con la consegna delle merci che avevamo portato, raccolte nella festa di Madre Maria nell'ultimo giorno di maggio”. Gli studenti, infine, hanno detto che non possono dimenticare le ultime parole di quelle persone, dicendo che "questa è un'altra guerra, durante il periodo di guerra abbiamo dovuto soffrire molto per proteggere le nostre vite e ora dobbiamo combattere per tornare al nostro villaggio, per il nostro diritto di vivere".