Asian Youth Day, cardinali e vescovi insieme ai leader musulmani in nome del dialogo
di Mathias Hariyadi

La manifestazione giovanile di Yogyakarta ha un forte risvolto interreligioso. Nella giornata di oggi, dal tema “L’unità nella diversità culturale”, si è svolto un incontroa sulla coesistenza. I leader islamici: “Radicalismo e terrorismo sfide da vincere insieme”. Il card. Patrick D’Rozario di Dhaka: “Intolleranza e terrorismo non sono espressione dei valori autentici della cultura asiatica”. Il prof. Syafi’i Maarif, ex presidente di Muhammadiyah: “Corruzione, ingiustizie sociali e ‘arabizzazione’ sono le cause del settarismo in Indonesia”. 


Yogyakarta (AsiaNews) – Nel terzo giorno dell’Asian Youth Day (Ayd), cardinali e vescovi asiatici hanno partecipato ad un incontro sulla convivenza pacifica, insieme ad alcune importanti personalità indonesiane impegnate nel dialogo fra religioni.

La manifestazione giovanile, che riunisce a Yogyakarta (Central Java) fino al 6 agosto oltre 2mila giovani cattolici provenienti da 22 Paesi asiatici, ha un forte risvolto interreligioso. La giornata di oggi, dal tema “L’unità nella diversità culturale”, trova compimento in un incontro a porte chiuse cui prendono parte, tra gli altri, il vescovo di Tanjungkarang mons. Yohannes Harun Yuwono, presidente della Commissione per gli affari interreligiosi della Conferenza episcopale indonesiana (Komisi Hak Kwi); il gesuita p. Heru Prakosa, docente alla cattolica Sanata Dharma University di Yogyakarta; Suhadi Cholil, professore della Islamic State University; Savic Ali, leader musulmano responsabile dei servizi web di Nahdlatul Ulama (Nu), la più importante organizzazione dell'islam indonesiano moderato, che sostiene il pluralismo, il dialogo interreligioso ed i diritti umani.

Entrambi i relatori musulmani affermano che in Indonesia, vi sono oggi alcune grandi sfide che le comunità islamiche e non sono chiamate ad affrontare insieme. Una di queste è l’avanzata del radicalismo, che promuove il fondamentalismo tra i musulmani e il pregiudizio nei confronti delle minoranze religiose. Altra sfida è il terrorismo, che manipola gli insegnamenti islamici per insinuare nelle menti delle persone semplici “mendaci visioni teologiche che condannano la socializzazione con persone di altre confessioni religiose”. I due leader musulmani invitano a vincere la tentazione dei sospetti e respingere queste “false idee”. Radicalismo e terrorismo trovano terreno fertile su internet. Tuttavia, Savic Ali sostiene che i social media possono anche diventare “strumenti per promuovere la pacifica coesistenza e sradicare le visioni estreme o gli insegnamenti manipolati di certe dottrine religiose”.

Alcuni leader cattolici contribuiscono alla discussione, condividendo opinioni ed esperienze. Mons. Anicetus B. Sinaga, arcivescovo di North Sumatera (Indonesia) dichiara che ogni religione promuove la pace e la tolleranza, ma che tuttavia è responsabilità dei leader religiosi diffondere questi valori tra i fedeli. Il card. Patrick D’Rozario di Dhaka (Bangladesh) ricorda che intolleranza e terrorismo non sono espressione dei valori autentici della cultura asiatica. È responsabilità dell’Asia trasmettere gli ideali di tolleranza e solidarietà agli altri continenti.

Il prof. Syafi’i Maarif, ex presidente di Muhammadiyah, la seconda organizzazione islamica moderata d’Indonesia, individua in tre fattori le cause della diffusione del radicalismo nella società indonesiana. Secondo lo studioso, la corruzione, insieme alle ingiustizie sociali derivate dall’aumento del divario fra ricchi e poveri, contribuiscono a generare intolleranza e violenza tra comunità di diversi contesti religiosi e culturali. Il terzo fattore è l’ “arabizzazione deviata” della cultura islamica nel Paese: “Agli indonesiani è stato fatto i lavaggio del cervello. Non è vero, come in molti ormai pensano, che l’arabismo sia la parte autentica dell’islam”. In Indonesia, conclude il professore, anche la politica corrotta è complice dell’aumento degli episodi di intolleranza.

In effetti, alcuni partiti conservatori hanno di recente stretto alleanza con i movimenti islamici radicali per dar forza alla propria agenda politica, contribuendo alle spinte islamiste che negli ultimi mesi hanno creato forti tensioni nella società indonesiana, come in occasione del “processo Ahok”. In seguito alla pressioni delle organizzazioni estremiste, lo scorso maggio il tribunale distrettuale di North Jakarta ha dichiarato il cristiano Basuki "Ahok" Tjahaja Purnama, ex governatore di Jakarta, colpevole di blasfemia per aver suggerito che alcune persone hanno abusato di un versetto coranico per bloccare la sua rielezione. La sua controversa condanna a due anni di carcere ha però rivegliato nella società civile indonesiana quello che è stato definito un “nuovo nazionalismo indonesiano” che promuove la dottrina del pluralismo alla base della nazione.  Lo scorso luglio, il presidente Joko “Jokowi” Widodo ha firmato un decreto (denominato Perppu) che dà al governo il potere di bandire le organizzazioni islamiste radicali.