Il Giappone sempre più vecchio ha bisogno di migranti: le comunità filippine e nepalesi

In Giappone vivono 250mila filippini e 74mila nepalesi. La speranza di stabilirsi e costruire una vita nel Paese del sol levante. Sempre più filippine lavorano come badanti. Ma le regole restrittive sul lavoro dei ragazzi cresciuti in Giappone provoca abbandono delle scuole, delinquenza e povertà.


Tokyo (AsiaNews/JT) – Pur mostrando un volto ostile all’immigrazione, il Giappone è la casa di numerosi lavoratori migranti, impegnati da anni a crearsi una vita nel Paese del sol levante: domestici, badanti, cuochi e anche sposi di cittadini giapponesi. Fra le comunità più presenti ci sono quelle filippine e nepalesi, come riporta il Japan Times.

Secondo il dato del 2017, 251.934 filippini vivono in Giappone e sono la terza comunità straniera del Paese, dopo quella cinese e sudcoreana, su una popolazione totale di 127 milioni di abitanti. La comunità filippina è composta da un numero predominante di donne (71,9% contro 28,1%), e metà del totale ha un permesso di residenza permanente: un dato molto più alto della media degli stranieri nel totale, fermo al 29,9%.

Secondo Marian Jocely Tirol-Ignacio, ministro e console generale dell’ambasciata filippina a Tokyo, le donne filippine fra i 30 e i 50 anni sono per lo più residenti permanenti. Alcune di esse sono arrivate negli anni '80 con un visto da “intrattenimento” come ballerine e cantanti, mentre l’economia giapponese era in crescita, e sono rimaste dopo aver sposato cittadini giapponesi. Molte, nella comunità filippina, vivono situazioni difficili legate al loro matrimonio con uomini giapponesi, ai visti e alla cittadinanza per il loro figli.

I dati dimostrano che la comunità ha costruito la propria vita in 47 prefetture giapponesi, spesso intorno a una chiesa.

Sono diverse le mansioni che ricoprono: gli uomini sono per lo più ingegneri, professionisti della tecnologia dell’informazioni e costruttori edili; le donne lavorano in fabbriche di prodotti alimentari o come domestiche, assistenti insegnanti di lingua e badanti. “Con l’invecchiamento della popolazione e le nascite in declino, il Giappone non ha altra scelta che quella di accogliere gli stranieri”, sottolinea Maria Carmelita Kasuya, ricercatrice associata all’Università di Tokyo e direttrice del Gathering for Filipino Groups and Communities, associazione che conduce attività come concerti di beneficienza con un corso di filippini che vivono in Giappone.

La comunità nepalese nel Paese del sol levante è in numeri complessivi inferiore a quella filippina: 74.300 persone. Tuttavia, il dato è impressionante se si confronta a quello del 2012: 24.071. La crescita esponenziale è stata sospinta dall’arrivo di studenti e chef che hanno aperto ristoranti. “L’aumento dei migranti nepalesi in Giappone è un fenomeno relativamente recente, per questo non vengono riconosciuti come residenti di lunga durata”, afferma Masako Tanaka, professoressa all’Università Sophia ed esperta sulla comunità nepalese in Giappone. Per lei, “diverse famiglie migrano qui con l’intenzione di stabilirsi, contemplando anche la possibilità che i loro figli ricevano un’istruzione giapponese”.

Con il sistema attuale, gli studenti con visti subordinati a quello dei genitori non possono lavorare full-time dopo il diploma, e sono per questo più a rischio di povertà e marginalizzazione. Essi possono lavorare al massimo 28 ore a settimana, una condizione che spinge un numero rilevante di studenti liceali stranieri – in particolare quelli che provengono da Nepal, Cina e Filippine – a rinunciare a una carriera post-scolastica. Per passare a un permesso di lavoro pieno, essi hanno bisogno di ottenere un grado di istruzione universitario, ma non possono accedere a prestiti promossi dallo Stato per gli studi. Questa situazione è all’origine di tanti abbandoni scolastici, e al conseguenziale rischio di cadere in povertà e delinquenza.