Papa: il rispetto dei diritti di persone e nazioni essenziale per la pace

Nel discorso ai diplomatici Francesco ha chiesto la soluzione di conflitti – a partire dalla Siria – e tensioni – dalla Corea a Ucraina, Yemen , Sud Sudan e Venezuela – e auspicato accoglienza per i migranti e per gli “scartati”, come i bambini non nati o gli anziani e rispetto per i diritti alla libertà religiosa e di opinione, al lavoro.


Città del Vaticano (AsiaNews) – Il rispetto di ogni persona, con tutti i suoi diritti, in una prospettiva di sviluppo umano integrale, come via per la pace. E’ il filo conduttore del lungo discorso che papa Francesco ha rivolto stamattina ai rappresentanti dei 185 Stati e organismo internazionali che hanno rapporti diplomatici con la Santa Sede, ricevuti per lo scambio degli auguri per il nuovo anno.

E’ evocando i 70 anni della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, infatti, che Francesco ha chiesto la soluzione di conflitti – a partire dalla Siria – e tensioni – dalla Corea a Ucraina, Yemen , Sud Sudan e Venezuela – e auspicato accoglienza per i migranti e per gli “scartati”, come i bambini non nati o gli anziani e rispetto per i diritti alla libertà religiosa e di opinione, al lavoro.

Il Papa ha innanzi tutto ricordato che quest’anno ricorre il centenario della fine della Prima guerra mondiale, dalle ceneri della quale “si possono ricavare due moniti, che purtroppo l’umanità non seppe comprendere immediatamente, giungendo nell’arco di un ventennio a combattere un nuovo conflitto ancor più devastante del precedente. Il primo monito è che vincere non significa mai umiliare l’avversario sconfitto. La pace non si costruisce come affermazione del potere del vincitore sul vinto. Non è la legge del timore che dissuade da future aggressioni, bensì la forza della ragionevolezza mite che sprona al dialogo e alla reciproca comprensione per sanare le differenze[1]. Da ciò deriva il secondo monito: la pace si consolida quando le Nazioni possono confrontarsi in un clima di parità”.

Anche i rapporti fra le nazioni, come i rapporti umani, vanno regolati in base al principio che “tutte le comunità politiche sono uguali per dignità”. “Premessa fondamentale di tale atteggiamento è l’affermazione della dignità di ogni persona umana, il cui disprezzo e disconoscimento portano ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità”. E “‘il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo’, come afferma la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”. Che in una prospettiva cristiana è in “significativa relazione” con il messaggio evangelico.

“Tali diritti traggono il loro presupposto dalla natura che oggettivamente accomuna il genere umano. Essi sono stati enunciati per rimuovere i muri di separazione che dividono la famiglia umana e favorire quello che la dottrina sociale della Chiesa chiama sviluppo umano integrale”.

Ma, a partire dal ‘Sessantotto’, “l’interpretazione di alcuni diritti è andata progressivamente modificandosi, così da includere una molteplicità di ‘nuovi diritti’, non di rado in contrapposizione tra loro”.  “Vi può essere quindi il rischio – per certi versi paradossale – che, in nome degli stessi diritti umani, si vengano ad instaurare moderne forme di colonizzazione ideologica dei più forti e dei più ricchi a danno dei più poveri e dei più deboli”.

A settant’anni dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo, “duole rilevare come molti diritti fondamentali siano ancor oggi violati. Primo fra tutti quello alla vita, alla libertà e alla inviolabilità di ogni persona umana[9]. Non sono solo la guerra o la violenza che li ledono. Nel nostro tempo ci sono forme più sottili: penso anzitutto ai bambini innocenti, scartati ancor prima di nascere; non voluti talvolta solo perché malati o malformati o per l’egoismo degli adulti. Penso agli anziani, anch’essi tante volte scartati, soprattutto se malati, perché ritenuti un peso. Penso alle donne, che spesso subiscono violenze e sopraffazioni anche in seno alle proprie famiglie. Penso poi a quanti sono vittime della tratta delle persone”.

“Difendere il diritto alla vita e all’integrità fisica, significa poi tutelare il diritto alla salute della persona e dei suoi familiari”. Ci si sforzi quindi “di garantire, a prezzi accessibili, la fornitura di medicinali essenziali”.

“Difendere il diritto alla vita implica pure adoperarsi attivamente per la pace,   universalmente riconosciuta come uno dei valori più alti da ricercare e difendere”. Per tale scopo, “il disarmo integrale e lo sviluppo integrale sono strettamente correlati fra loro”, mentre “la proliferazione di armi aggrava chiaramente le situazioni di conflitto e comporta enormi costi umani e materiali che minano lo sviluppo e la ricerca di una pace duratura”.

Nella speranza che gli uomini scelgano invece la via del negoziato “è di primaria importanza che si possa sostenere ogni tentativo di dialogo nella penisola coreana, al fine di trovare nuove strade per superare le attuali contrapposizioni, accrescere la fiducia reciproca e assicurare un futuro di pace al popolo coreano e al mondo intero.

Due Stati per israeliani e palestinesi

“Parimenti è importante che possano proseguire, in un clima propositivo di accresciuta fiducia tra le parti, le varie iniziative di pace in corso in favore della Siria, perché si possa finalmente mettere fine al lungo conflitto che ha coinvolto il Paese e causato immani sofferenze. Il comune auspicio è che, dopo tanta distruzione, sia giunto il tempo di ricostruire. Ma più ancora che costruire edifici, è necessario ricostruire i cuori, ritessere la tela della fiducia reciproca, premessa imprescindibile per il fiorire di qualunque società. Occorre dunque adoperarsi per favorire le condizioni giuridiche, politiche e di sicurezza, per una ripresa della vita sociale, dove ciascun cittadino, indipendentemente dall’appartenenza etnica e religiosa, possa partecipare allo sviluppo del Paese. In tal senso è vitale che siano tutelate le minoranze religiose, tra le quali vi sono i cristiani, che da secoli contribuiscono attivamente alla storia della Siria”. “È altrettanto importante che possano far ritorno in patria i numerosi profughi che  hanno trovato accoglienza e rifugio nelle Nazioni limitrofe, specialmente in Giordania, in Libano e in Turchia. L’impegno e lo sforzo compiuto da questi Paesi in tale difficile circostanza merita l’apprezzamento e il sostegno di tutta la Comunità internazionale”.

 “La volontà di dialogo è necessaria anche nell’amato Iraq, perché le varie componenti etniche e religiose possano ritrovare la strada della riconciliazione e della pacifica convivenza e collaborazione, come pure nello Yemen e in altre parti della Regione, nonché in Afghanistan”.

“Un pensiero particolare rivolgo a Israeliani e Palestinesi, in seguito alle tensioni delle ultime settimane. La Santa Sede, nell’esprimere dolore per quanti hanno perso la vita nei recenti scontri, rinnova il suo pressante appello a ponderare ogni iniziativa affinché si eviti di esacerbare le contrapposizioni, e invita ad un comune impegno a rispettare, in conformità con le pertinenti Risoluzioni delle Nazioni Unite, lo status quo di Gerusalemme, città sacra a cristiani, ebrei e musulmani. Settant’anni di scontri rendono quanto mai urgente trovare una soluzione politica che consenta la presenza nella Regione di due Stati indipendenti entro confini internazionalmente riconosciuti. Pur tra le difficoltà, la volontà di dialogare e di riprendere i negoziati rimane la strada maestra per giungere finalmente ad una coesistenza pacifica dei due popoli”.

“Anche all’interno di contesti nazionali, l’apertura e la disponibilità all’incontro sono essenziali. Penso specialmente al caro Venezuela, che sta attraversando una crisi politica ed umanitaria sempre più drammatica e senza precedenti. La Santa Sede, mentre esorta a rispondere senza indugio alle necessità primarie della popolazione, auspica che si creino le condizioni affinché le elezioni previste per l’anno in corso siano in grado di avviare a soluzione i conflitti esistenti, e si possa guardare con ritrovata serenità al futuro”.

“La Comunità internazionale non dimentichi neppure le sofferenze di tante parti del Continente africano, specialmente in Sud Sudan, nella Repubblica Democratica del Congo, in Somalia, in Nigeria e nella Repubblica Centroafricana, dove il diritto alla vita è minacciato dallo sfruttamento indiscriminato delle risorse, dal terrorismo, dal proliferare di gruppi armati e da perduranti conflitti”.

“Un impegno comune a ricostruire i ponti è urgente pure in Ucraina. L’anno appena conclusosi ha mietuto nuove vittime nel conflitto che affligge il Paese, continuando a recare grandi sofferenze alla popolazione, in particolare alle famiglie che risiedono nelle zone interessate dalla guerra e che hanno perso i loro cari, non di rado anziani e bambini”.

Accanto alla situazione internazionale, Francesco ha evidenziato alcune realtà  che feriscono la pace sociale, a partire dalla famiglia, che “specialmente in Occidente, la famiglia sia ritenuta un istituto superato. Alla stabilità di un progetto definitivo, si preferiscono oggi legami fugaci. Ma non sta in piedi una casa costruita sulla sabbia di rapporti fragili e volubili. Occorre piuttosto la roccia”, rappresentata dalla “comunione di amore, fedele e indissolubile, che unisce l’uomo e la donna”.

“Oggi si parla molto di migranti e migrazioni, talvolta solo per suscitare paure  ancestrali”. E “pur riconoscendo che non sempre tutti sono animati dalle migliori intenzioni, non si può dimenticare che la maggior parte dei migranti preferirebbe stare nella propria terra, mentre si trova costretta a lasciarla”. Spetta ai governanti, “accogliere, promuovere, proteggere e integrare, stabilendo misure pratiche, nei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso”. In proposito, il Papa ha ringraziato il Bangladesh per l’aiuto al popolo Rohingya e ha espresso “particolare gratitudine all’Italia che in questi anni ha mostrato un cuore aperto e generoso e ha saputo offrire anche dei positivi esempi di integrazione”. “Apprezzamento” di Francesco anche per Grecia e Germania.

Libertà di religione, anche di cambiarla

“Tra i diritti umani che vorrei richiamare quest’oggi vi è anche il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione, che include la libertà di cambiare religione[20]. Purtroppo è noto come il diritto alla libertà di religione sia sovente disatteso e non di rado la religione divenga o l’occasione per giustificare ideologicamente nuove forme di estremismo o un pretesto per l’emarginazione sociale, se non addirittura per forme di persecuzione dei credenti. La costruzione di società inclusive esige come sua condizione una comprensione integrale della persona umana, che può sentirsi davvero accolta quando è riconosciuta e accettata in tutte le dimensioni che costituiscono la sua identità, compresa quella religiosa”.

Riferendosi infine al diritto al lavoro, il Papa ha affermato che “non vi è pace né sviluppo se l’uomo è privato della possibilità di contribuire personalmente tramite la propria opera all’edificazione del bene comune”. Ma “se da un lato si constata un’iniqua distribuzione delle opportunità di lavoro, dall’altro si rileva la tendenza a pretendere da chi lavora ritmi sempre più pressanti. Le esigenze del profitto, dettate della globalizzazione, hanno portato ad una progressiva riduzione dei tempi e dei giorni di riposo” e anche all’incremento del numero dei bambini impiegati in attività lavorative e delle vittime delle nuove forme di schiavitù”.

“Nel richiamare alcuni dei diritti contenuti nella Dichiarazione Universale del 1948, non intendo tralasciare un aspetto strettamente connesso ad essa: ogni individuo ha pure dei doveri verso la comunità”. In proposito Francesco ha parlato della “cura della Terra”. “Sappiamo che la natura può essere di per sé cruenta anche quando ciò non è responsabilità dell’uomo. L’abbiamo visto in quest'ultimo anno con i terremoti che hanno colpito diverse parti della terra, particolarmente negli ultimi mesi in Messico e in Iran mietendo numerose vittime, come pure con la forza degli uragani che hanno interessato diversi Paesi caraibici fino a giungere sulle coste statunitensi e che, più recentemente, hanno investito le Filippine. Tuttavia, non bisogna dimenticare che c’è anche una precipua responsabilità dell’uomo nell'interazione con la natura. I cambiamenti climatici, con l’innalzamento globale delle temperature e gli effetti devastanti che esse comportano, sono anche conseguenza dell’azione dell’uomo. Occorre dunque affrontare, in uno sforzo congiunto, la responsabilità di lasciare alle generazioni che seguiranno una Terra più bella e vivibile, adoperandosi, alla luce degli impegni concordati a Parigi nel 2015, per ridurre le emissioni di gas nocivi all’atmosfera e dannosi per la salute umana”. (FP)