Le isole della Carelia sono state il primo campo di concentramento dell’Arcipelago Gulag e un grande centro di spiritualità. Ma i monaci di oggi hanno deciso di farne un centro per il turismo religioso, eliminando o nascondendo i luoghi del martirio di tanti cristiani. La collina delle fucilazioni trasformata in padiglione per i matrimoni. Monaci collaborazionisti del potere bolscevico.
Mosca (AsiaNews) - Nella memoria collettiva del XX secolo, le isole Solovki sono tristemente famose come il primo grande campo di concentramento dell’Arcipelago Gulag sovietico, raccontato dallo scrittore Aleksandr Solzenicyn sulla base delle testimonianze dei sopravvissuti. Alle Solovki venivano incarcerati soprattutto i condannati per le proprie convinzioni religiose, sacerdoti e vescovi di tutte le confessioni, costretti a vivere nell’ “ecumenismo forzato” della persecuzione. Morirono metropoliti ortodossi e pastori battisti, teologi come Pavel Florenskij e l’esarca greco-cattolico Leonid Fedorov, beatificato dalla Chiesa uniate ucraina.
Ma le isole del grande nord russo - che si stendono oltre il Circolo Polare Artico - sono famose nella storia russa per molti altri eventi. Fondate nel medioevo dagli eremiti Zosima e Savvatij, furono un grande centro di evangelizzazione e formazione delle coscienze del popolo ortodosso. Uno dei suoi più grandi governanti, l’archimandrita Filipp (Kolychev), divenne metropolita di Mosca a metà del ‘500, e si oppose alla dittatura sanguinaria di Ivan il Terribile. Per questo fu assassinato in cella, anticipando la sorte dei vescovi martiri della rivoluzione. A metà del ‘600 la Grande Lavra delle Solovki divenne uno dei principali centri di opposizione alla riforma del patriarca Nikon, in quello scisma (il Raskol) che divise la Chiesa russa sulla fedeltà alle proprie tradizioni.
Oggi le isole monastiche sono di nuovo al centro di un acceso dibattito, da quando i monaci della Lavra, guidati dall’archimandrita Porfirij (Shutov), hanno deciso di riprendersi l’esclusiva della memoria dei luoghi santi. Nel 2009 l’archimandrita si è fatto nominare anche Direttore del Museo locale, proprio dove sono conservate le reliquie e le testimonianze dei martiri e dei perseguitati, estromettendo i rappresentanti dell’associazione Memorial che ne erano i curatori. Da allora i monaci hanno iniziato una sistematica riduzione delle esposizioni legate ai carcerati; l’accesso al museo è sempre più limitato; i graffiti e i ricordi negli ambienti monastici sono stati tutti cancellati; gli edifici della Lavra sono stati ristrutturati e ridipinti, cancellando perfino le antiche pietre che ne costituivano il vero splendore. Per tutto il territorio delle isole, che rappresentano di per sé uno straordinario museo etnografico, sono stati bloccati gli itinerari di terra e d’acqua che si potevano percorrere per ammirare le bellezze naturali, ma anche per ritrovare i luoghi della preghiera e della sofferenza dei confessori della fede.
La scelta di Porfirij e della sua comunità viene esplicitamente motivata come recupero della dignità spirituale del monastero, e le memorie del Lager vengono rimosse come forme di profanazione. Tutto ciò ha suscitato le reazioni non solo degli attivisti di Memorial - già ampiamente impediti di agire da molte misure recenti a livello federale, come la chiusura degli archivi e degli accessi ai luoghi di pena - ma anche della parte più sensibile dell’opinione pubblica interna e internazionale.
In particolare, la polemica si concentra sul rifiuto da parte dei monaci nei confronti del lavoro e delle pubblicazioni del principale storico delle Solovki, Jurij Brodskij, che nel 2017 ha pubblicato un libro dal titolo Le Solovki. Il labirinto delle trasformazioni, con un capitolo sui Monaci ligi alle leggi, in cui con chiarezza si espone la tesi della complicità morale dei monaci con il potere autoritario. Un gruppo di abitanti delle isole, fomentati da Porfirij, ha diffuso una lettera in cui si accusa Brodskij di aver fornito un’immagine offensiva dei monaci locali, e di istigare all’odio religioso contro i fedeli ortodossi. La procura locale ha quindi avviato un’indagine contro lo scrittore, per verificare i contenuti del libro.
Il 3 febbraio scorso, in risposta, l’associazione Memorial ha organizzato una tavola rotonda al Centro Sacharov di Mosca, per contestare le accuse rivolte a Brodskij. Tali accuse si associano a quelle lanciate contro Juri Dimitrev, esponente della stessa associazione in Carelia, la regione delle Solovki, che per questo fu addirittura incarcerato e poi rilasciato, dietro pressioni dell’opinione pubblica internazionale. È stato ricordato anche il destino di Olga Bochkareva, già direttrice del Museo delle Solovki, licenziata dall’archimandrita Porfirij e cacciata dall’isola, con divieto di soggiornarvi e confisca dell’appartamento di proprietà, l’unica residenza che lei avesse.
Secondo il racconto dello stesso Brodskij, l’esempio più desolante della distruzione della memoria è la collina Sekirnaja, vicino alla chiesa centrale del monastero, che era il luogo della detenzione più dura, con le celle d’isolamento. Da essa passò perfino il nonno dell’attuale patriarca Kirill, e accanto al carcere stanno ancora le colonne a cui venivano legati i condannati alla fucilazione. Proprio quell’angolo, intriso di sangue fino a molti metri sottoterra, è stato trasformato in area dei festeggiamenti per i matrimoni, dove si beve spumante e si lanciano coriandoli. Dalla collina stessa poi partono le piste per le slitte, dove si divertono i bambini sulla neve.
Secondo lo scrittore la colpa non è certo degli ignari visitatori, ma dei custodi del luogo, vale a dire i monaci, che hanno eliminato tutti i cartelli e i segni che ricordavano i tragici fatti delle Solovki. Il loro scopo è quello di far tornare le isole alla purezza della santità monastica ed ecclesiastica, ignorando le sofferenze legate agli obbrobri e ai compromessi del totalitarismo. Ma la vera purezza della fede non può fondarsi sulla cancellazione della coscienza.