L’Aia indaga sulla guerra alla droga di Duterte, Manila abbandona lo Statuto di Roma

Il governo filippino è accusato di crimini contro l’umanità. La polizia afferma di aver ucciso circa 4mila sospetti per resistenza durante l'arresto, ma i gruppi per i diritti umani sostengono che il numero sia tre volte superiore. Duterte ha spesso invitato le autorità ad uccidere i sospetti di droga promettendo di proteggere gli agenti dalle conseguenze legali.


Manila (AsiaNews/Agenzie) – Il governo delle Filippine ha comunicato in via ufficiale la decisione di abbandonare lo Statuto di Roma, trattato istitutivo della Corte penale internazionale (Cpi). Il tribunale per i crimini internazionali, con sede all'Aia (Paesi Bassi), aveva lanciato il mese scorso un’inchiesta preliminare sulle accuse di crimini contro l'umanità nella guerra alla droga voluta dal presidente Rodrigo Duterte. La polizia filippina afferma di aver ucciso circa 4mila sospetti che hanno opposto resistenza durante l'arresto, ma i gruppi per i diritti umani sostengono che il numero effettivo sia tre volte superiore e accusano le autorità di omicidio.

Il governo ha inviato ieri una lettera alle Nazioni Unite, che hanno supervisionato i negoziati per fondare la Corte, per annunciare che il Paese si sarebbe ritirato dallo Statuto di Roma. “La decisione è la posizione di principio delle Filippine contro coloro che vogliono politicizzare e trasformare i diritti umani”, si legge nella nota di Manila.

Il segretario agli Esteri, Alan Peter Cayetano, dichiara che le Filippine hanno preso il provvedimento a causa “della campagna ben orchestrata per fuorviare la comunità internazionale e crocifiggere il presidente Duterte, distorcendo la situazione dei diritti umani nel Paese”. Il governo afferma nella missiva all’Onu che, nonostante il ritiro, la nazione “rinnova il suo impegno a combattere contro l’impunità nei crimini atroci”. Duterte ha spesso invitato le autorità ad uccidere i sospetti di droga promettendo di proteggere la polizia dalle conseguenze legali. Il presidente ha anche dichiarato in precedenza che la Cpi non avrebbe mai avuto giurisdizione su di lui.

Nel frattempo, la Cpi dichiara di prendere atto della “decisione sovrana” di Manila, ma avverte che la mossa non salverà Duterte dal giudizio della Corte se si deciderà di procedere con le indagini. “Un ritiro non avrebbe alcun impatto sui procedimenti in corso o su qualsiasi questione che era già all'esame della Corte prima della data in cui il ritiro è diventato effettivo”, afferma la Cpi.