Arrestata la cantante Do Nguyen Mai Khoi, voce del dissenso anti-regime

Il marito ha perso contatto con l’artista dopo il suo arrivo in aeroporto. Mai Khoi si era recata in Europa per promuovere il suo ultimo album, “Bat Dong” (Dissenso). In una canzone supplica il segretario del Partito di riconoscere al popolo vietnamita la libertà di cantare, pubblicare, condividere e viaggiare. Nel Paese vi sono 129 prigionieri politici, arrestati per aver criticato o protestato contro il governo.


Hanoi (AsiaNews/Agenzia) – La cantante ed attivista vietnamita Do Nguyen Mai Khoi, nota per il suo impegno in favore della libertà di parola, è stata arrestata ieri ad Hanoi dopo aver fatto ritorno dall'Europa. Lo rivela il marito australiano dell’artista, Benjamin Swanton. Spesso indicata come la versione vietnamita delle “Pussy Riot” per via del suo attivismo e dello stile provocatorio, Mai Khoi era tra le decine di dissidenti poste sotto controllo dal regime comunista a causa delle sue forti parole contro il sistema.

Swanton afferma di aver perso contatto con la moglie dalla mattina di ieri, quando la cantante è atterrata all’aeroporto Noi Bai. Mai Khoi, che lo scorso anno ha protestato contro il corteo del presidente degli Stati Uniti Donald Trump durante la sua visita in Vietnam, non era sottoposta al divieto di espatrio da parte delle autorità. L’artista si era recata in Europa per promuovere il suo ultimo album, “Bat Dong” (Dissenso). Nella canzone “Please, sir”, Mai Khoi si rivolge al leader del Partito comunista, supplicandolo di riconoscere al popolo vietnamita la libertà di cantare, pubblicare, condividere e viaggiare.

Negli ultimi mesi, attivisti e blogger sono gli obbiettivi di una campagna governativa contro il dissenso. Secondo un rapporto pubblicato da Human Rights Watch (Hrw) lo scorso febbraio, nel Paese del sud-est asiatico al momento vi sono 129 prigionieri politici, arrestati per aver criticato o protestato contro il regime comunista; accuse respinte da Hanoi, secondo cui non vi sono detenuti per reati di opinione, ma solo criminali puniti per aver violato la legge. Il Vietnam occupa uno dei gradini più bassi al mondo per la libertà di stampa: secondo l’indice pubblicato nel 2017 dall’Ong Reporters sans frontières è al 175mo posto su 180 Paesi.

I dissidenti subiscono quotidianamente molestie, intimidazioni, sorveglianza e interrogatori della polizia e sono sottoposti a lunghi periodi di detenzione preventiva, senza accesso ad avvocati o familiari. Anche la comunità cattolica ha pagato il prezzo per il proprio impegno. Frequenti sono le dure condanne emesse all’indirizzo degli attivisti cattolici, come dimostrano i recenti casi di Nguyễn Văn Oai (cinque anni di carcere), Trần Thị Nga (nove), Nguyễn Ngọc Như Quỳnh (10) e Nguyễn Văn Hóa (sette).