Papa: anche nel mondo di oggi tutti siamo chiamati a cercare di essere santi

Si intitola “Gaudete et exultate” (Rallegratevi ed esultate), l’esortazione apostolica di Francesco. Un cammino reso difficile da “rischi” della cultura moderna, come l’ansietà nervosa e violenta, il consumismo, l’individualismo e “tante forme di falsa spiritualità senza incontro con Dio”. Il diavolo è “qualcosa di più di un mito”. In realtà, arrivare ad essere un buon cristiano “è semplice: è necessario fare, ognuno a suo modo, quello che dice Gesù nel discorso delle Beatitudini”.


Città del Vaticano (AsiaNews) – Ricordare al nostro tempo che la chiamata alla santità è la ragione per la quale siamo stati creati: “il Signore chiede tutto, e quello che offre è la vera vita, la felicità per la quale siamo stati creati. Egli ci vuole santi e non si aspetta che ci accontentiamo di un’esistenza mediocre, annacquata, inconsistente”. Papa Francesco spiega così la ragione dell’esortazione apostolica “Gaudete et exultate” (Rallegratevi ed esultate), pubblicata oggi.

Nelle 44 pagine del documento si afferma che la santità è’ una “chiamata” che riguarda tutti, e santi non sono solo quelli canonizzati e noti, ma anche quelli “della porta accanto”, sconosciuti a tutti, ma non a Dio. “Sei una consacrata o un consacrato? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un lavoratore? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro al servizio dei fratelli. Sei genitore o nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù. Hai autorità? Sii santo lottando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi personali (n. 14)”.

Ma è una chiamata che ai giorni nostri trova ostacoli in correnti di pensiero come il moderno gnosticismo, che “pretendere di ridurre l’insegnamento di Gesù a una logica fredda e dura che cerca di dominare tutto”. A “una dottrina senza mistero”. O il pelagianesimo. “Cristiani che si impegnano nel seguire un’altra strada: quella della giustificazione mediante le proprie forze, quella dell’adorazione della volontà umana e della propria capacità, che si traduce in un autocompiacimento egocentrico ed elitario privo del vero amore. Si manifesta in molti atteggiamenti apparentemente diversi tra loro: l’ossessione per la legge, il fascino di esibire conquiste sociali e politiche, l’ostentazione nella cura della liturgia, della dottrina e del prestigio della Chiesa, la vanagloria legata alla gestione di faccende pratiche, l’attrazione per le dinamiche di auto-aiuto e di realizzazione autoreferenziale (n. 57)”.

In realtà, arrivare ad essere un buon cristiano “è semplice: è necessario fare, ognuno a suo modo, quello che dice Gesù nel discorso delle Beatitudini”.

Invece “purtroppo a volte le ideologie ci portano a due errori nocivi. Da una parte, , quello di trasformare “il cristianesimo in una sorta di ONG”, privandolo della sua “luminosa spiritualità” (n. 100), “dalla propria relazione personale con il Signore”.  Nocivo e ideologico è anche l’errore di quanti vivono diffidando dell’impegno sociale degli altri, considerandolo qualcosa di superficiale, mondano, secolarizzato, immanentista, comunista, populista. La difesa dell’innocente che non è nato, per esempio, deve essere chiara, ferma e appassionata. Ma ugualmente sacra è la vita dei poveri che sono già nati, che si dibattono nella miseria (n. 101)”.

“Accettare ogni giorno la via del Vangelo nonostante ci procuri problemi, questo è santità”. “Non posso tralasciare di ricordare quell’interrogativo che si poneva san Tommaso d’Aquino quando si domandava quali sono le nostre azioni più grandi, quali sono le opere esterne che meglio manifestano il nostro amore per Dio. Egli rispose senza dubitare che sono le opere di misericordia verso il prossimo, più che gli atti di culto”. (n. 106)”. “Chi desidera veramente dare gloria a Dio con la propria vita, chi realmente anela a santificarsi perché la sua esistenza glorifichi il Santo, è chiamato a tormentarsi, spendersi e stancarsi cercando di vivere le opere di misericordia. È ciò che aveva capito molto bene santa Teresa di Calcutta: «Sì, ho molte debolezze umane, molte miserie umane. […] Ma Lui si abbassa e si serve di noi, di te e di me, per essere suo amore e sua compassione nel mondo, nonostante i nostri peccati, nonostante le nostre miserie e i nostri difetti. Lui dipende da noi per amare il mondo e dimostrargli quanto lo ama. Se ci occupiamo troppo di noi stessi, non ci resterà tempo per gli altri» (n. 107)”.

Il Papa scrive poi che “sono cinque grandi manifestazioni dell’amore per Dio e per il prossimo che considero di particolare importanza a motivo di alcuni rischi e limiti della cultura di oggi. In essa si manifestano: l’ansietà nervosa e violenta che ci disperde e debilita; la negatività e la tristezza; l’accidia comoda, consumista ed egoista; l’individualismo, e tante forme di falsa spiritualità senza incontro con Dio che dominano nel mercato religioso attuale (n. 111)”.

“La prima di queste grandi caratteristiche è rimanere centrati, saldi in Dio che ama e sostiene. A partire da questa fermezza interiore è possibile sopportare, sostenere le contrarietà, le vicissitudini della vita, e anche le aggressioni degli altri, le loro infedeltà e i loro difetti: «Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?» (Rm 8,31). Questo è fonte di pace che si esprime negli atteggiamenti di un santo (n. 112)”.

La seconda caratteristica è “gioia e senso dell’umorismo”. “Il santo è capace di vivere con gioia e senso dell’umorismo. Senza perdere il realismo, illumina gli altri con uno spirito positivo e ricco di speranza. Essere cristiani è «gioia nello Spirito Santo» (Rm 14,17), perché «all’amore di carità segue necessariamente la gioia. Poiché chi ama gode sempre dell’unione con l’amato […] Per cui alla carità segue la gioia» (n. 122)”.

“Nello stesso tempo, la santità è parresia: è audacia, è slancio evangelizzatore che lascia un segno in questo mondo. Perché ciò sia possibile, Gesù stesso ci viene incontro e ci ripete con serenità e fermezza: «Non abbiate paura» (Mc 6,50). «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Queste parole ci permettono di camminare e servire con quell’atteggiamento pieno di coraggio che lo Spirito Santo suscitava negli Apostoli spingendoli ad annunciare Gesù Cristo (n.129)”.

La santificazione, poi, “è un cammino comunitario, da fare a due a due. Così lo rispecchiano alcune comunità sante”. Tra loro Francesco ricorda anche san Paolo Miki e compagni martiri in Giappone, sant’Andrea Taegon e 35 compagni martiri in Corea e i monaci trappisti di Tibhirine (Algeria), “che si sono preparati insieme al martirio. Allo stesso modo ci sono molte coppie di sposi sante, in cui ognuno dei coniugi è stato strumento per la santificazione dell’altro. Vivere e lavorare con altri è senza dubbio una via di crescita spirituale. San Giovanni della Croce diceva a un discepolo: stai vivendo con altri «perché ti lavorino e ti esercitino nella virtù» (n. 141)”.

“Infine, malgrado sembri ovvio, ricordiamo che la santità è fatta di apertura abituale alla trascendenza, che si esprime nella preghiera e nell’adorazione. Il santo è una persona dallo spirito orante, che ha bisogno di comunicare con Dio”, “Non credo nella santità senza preghiera, anche se non si tratta necessariamente di lunghi momenti o di sentimenti intensi. (n. 147)”.

Papa Francesco a questo punto ricorda però che “la vita cristiana è un combattimento permanente. Si richiedono forza e coraggio per resistere alle tentazioni del diavolo e annunciare il Vangelo. Questa lotta è molto bella, perché ci permette di fare festa ogni volta che il Signore vince nella nostra vita. (n. 158)”. “Non si tratta solamente di un combattimento contro il mondo e la mentalità mondana, che ci inganna, ci intontisce e ci rende mediocri, senza impegno e senza gioia. Nemmeno si riduce a una lotta contro la propria fragilità e le proprie inclinazioni. È anche una lotta costante contro il diavolo. Gesù stesso festeggia le nostre vittorie (n. 159)”. Ma il nemico è “qualcosa di più di un mito”. “Non ammetteremo l’esistenza del diavolo se ci ostiniamo a guardare la vita solo con criteri empirici e senza una prospettiva soprannaturale. Proprio la convinzione che questo potere maligno è in mezzo a noi, è ciò che ci permette di capire perché a volte il male ha tanta forza distruttiva (n. 160)”. Il diavolo non è “una rappresentazione, un simbolo, una figura o un’idea. Tale inganno ci porta ad abbassare la guardia, a trascurarci e a rimanere più esposti. Ci avvelena con l’odio, con la tristezza, con l’invidia, con i vizi. E così, mentre riduciamo le difese, lui ne approfitta per distruggere la nostra vita, le nostre famiglie e le nostre comunità (n. 161)”.

In questa lotta costante “abbiamo le potenti armi che il Signore ci dà: la fede che si esprime nella preghiera, la meditazione della Parola di Dio, la celebrazione della Messa, l’adorazione eucaristica, la Riconciliazione sacramentale, le opere di carità, la vita comunitaria, l’impegno missionario (n. 162)”.

E per sapere se una cosa viene dallo Spirito Santo o se deriva dallo spirito del mondo o dallo spirito del diavolo, “l’unico modo è il discernimento, che non richiede solo una buona capacità di ragionare e di senso comune, è anche un dono che bisogna chiedere. Se lo chiediamo con fiducia allo Spirito Santo, e allo stesso tempo ci sforziamo di coltivarlo con la preghiera, la riflessione, la lettura e il buon consiglio, sicuramente potremo crescere in questa capacità spirituale (n. 166)”. E “occorre chiedere allo Spirito Santo che ci liberi e che scacci quella paura che ci porta a vietargli l’ingresso in alcuni aspetti della nostra vita. Questo ci fa vedere che il discernimento non è un’autoanalisi presuntuosa, una introspezione egoista, ma una vera uscita da noi stessi (175)”.

“Spero che queste pagine – conclude Francesco - siano utili perché tutta la Chiesa si dedichi a promuovere il desiderio della santità. Chiediamo che lo Spirito Santo infonda in noi un intenso desiderio di essere santi per la maggior gloria di Dio e incoraggiamoci a vicenda in questo proposito. Così condivideremo una felicità che il mondo non ci potrà togliere”. (FP)