Sinodo: accompagnare i giovani a scegliere la propria vita

Presentato l’“Instrumentum laboris” del Sinodo sui giovani. Per la Chiesa un’occasione per mettersi in discernimento vocazionale, così da riscoprire in che modo può meglio corrispondere oggi alla sua chiamata ad essere anima, luce, sale e lievito del nostro mondo.


Città del Vaticano (AsiaNews) – Accompagnare le scelte di vita dei giovani di oggi, che sono “grandi cercatori di senso”, vivono una “reciproca estraneità” con gli adulti, hanno “disinteresse” e “apatia” in tema di fede, ma mostrano attenzione a varie forme di religiosità e sono immersi in un mondo digitale che isola, promuove l’egoismo e la “post-verità”. E proporre una concezione della vita come “vocazione” che “invita l’essere umano a rinunciare alla menzogna dell’autofondazione e all’illusione dell’autorealizzazione narcisistica, per lasciarsi interpellare attraverso la storia dal disegno con cui Dio ci destina gli uni al bene degli altri (n. 90).

Sono, in prima approssimazione gli obiettivi del Sinodo dei vescovi che a ottobre affronterà il tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” del quale oggi è stato presentato l’Instrumentum laboris, ossia il documento base di lavoro. Sarà un sinodo, ha detto oggi il card. Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo, che “ha come prima finalità quella di rendere consapevole tutta la Chiesa del suo importante e per nulla facoltativo compito di accompagnare ogni giovane, nessuno escluso, verso la gioia dell’amore; in secondo luogo, prendendo sul serio questa missione, la Chiesa stessa potrà riacquistare un rinnovato dinamismo giovanile; in terzo luogo è importante anche per la Chiesa cogliere quest’occasione per mettersi in discernimento vocazionale, così da riscoprire in che modo può meglio corrispondere oggi alla sua chiamata ad essere anima, luce, sale e lievito del nostro mondo”.

L’accompagnamento vocazionale, come finalità che si pone la Chiesa nei confronti di “tutti i giovani” è frutto del discernimento, articolato nei tre verbi: riconoscere, interpretare, scegliere. Che sono anche le divisioni delle 67 pagine del documento.

Nel mondo contemporaneo segnato dalla globalizzazione, nota il documento, prevalgono “individualismo, consumismo, materialismo ed edonismo, e in cui dominano le apparenze”. E’ una realtà nella quale non solo c’è estraneità nel rapporto con gli adulti, ma è difficile anche quello con la famiglia, la scuola, l’università. Quanto alla Chiesa, se “un certo numero di giovani, variabile a seconda dei diversi contesti, si sente parte viva della Chiesa e lo manifesta con convinzione, attraverso un impegno attivo al suo interno” (n. 31), spesso c’è disinteresse verso la religione. E spesso “i giovani faticano a trovare uno spazio nella Chiesa” e “la loro esperienza li conduce a ritenere che la Chiesa li consideri troppo giovani e inesperti (n. 33).

Il documento nota poi che i giovani vivono in una cultura “digitale”, che tende a isolare, e sono “assai frequentemente” vittime di quella cultura dello scarto, spesso denunciata da papa Francesco. “Al tempo stesso, non bisogna dimenticare che anche i giovani possono essere impregnati di questa cultura e mettere in atto comportamenti che producono lo ‘scarto’ di altre persone o il degrado dell’ambiente a seguito di scelte di consumo irresponsabili. Infine, dobbiamo riconoscere che a volte pure alcuni responsabili ecclesiali sono conniventi con tale modo di pensare e di agire, contribuendo a generare indifferenza ed esclusione (n. 41)”.

“Un altro tratto che attraversa molte società contemporanee è la debolezza delle istituzioni e la diminuzione della fiducia nei loro confronti, Chiesa compresa. Le risposte al Questionario on line evidenziano come solo una minoranza dei giovani (16,7%) ritenga di avere possibilità di incidere sulla vita pubblica del proprio Paese (n. 59)”.

In questo quadro, però, “la secolarizzazione non pare affermarsi come il destino ineluttabile dell’umanità”. Si riconosce un ‘ritorno del sacro”. “Questo fenomeno convive con il calo delle vocazioni sacerdotali e religiose e lo svuotamento delle chiese che sta avvenendo in alcune parti del mondo: non siamo dunque di fronte a un ritorno al passato, ma all’emergere di un nuovo paradigma di religiosità, descritta come poco istituzionalizzata e sempre più ‘liquida’, segnata da una radicale varietà di percorsi individuali anche tra coloro che si dichiarano appartenenti alla stessa confessione (n. 63)”. La conseguenza è che soprattutto in aree molto secolarizzate “un numero consistente di giovani”, “non chiedono nulla alla Chiesa perché non la ritengono un interlocutore significativo per la loro esistenza. Alcuni, anzi, chiedono espressamente di essere lasciati in pace, poiché sentono la sua presenza come fastidiosa e perfino irritante (n. 66)”.

Ma più in generale i giovani desiderano soprattutto una “Chiesa autentica”, che brilli per “esemplarità, competenza, corresponsabilità e solidità culturale”, che condivida “la loro situazione di vita alla luce del Vangelo piuttosto che fare prediche”, che sia “trasparente, accogliente, onesta, attraente, comunicativa, accessibile, gioiosa e interattiva”. Una Chiesa “meno istituzionale e più relazionale, capace di accogliere senza giudicare previamente”, una Chiesa “amica e prossima”, una comunità ecclesiale che sia “una famiglia dove ci si sente accolti, ascoltati, custoditi e integrati (n. 68). E che abbia uno stile di dialogo, interno ed esterno. “Molti giovani chiedono alla Chiesa una concretezza operativa, che tocca vari punti: essere realmente a favore dei poveri, avere a cuore la questione ecologica, fare scelte visibili di sobrietà e trasparenza, essere autentica e chiara, e anche audace nel denunciare il male con radicalità non solo nella società civile e nel mondo, ma nella Chiesa stessa (n. 71)”.

Al Sinodo, allora, “è chiesto di illuminare in maniera convincente l’orizzonte vocazionale dell’esistenza umana in quanto tale. I giovani stessi chiedono alla Chiesa di aiutarli a «trovare una semplice e chiara comprensione del significato di ‘vocazione’”, da intendere nel suo senso più ampio. Il Concilio Vaticano II ha utilizzato tale termine per esprimere “sia la destinazione di tutti gli uomini alla comunione con Cristo (cfr. LG 3.13; GS 19.32) sia la chiamata universale alla santità (cfr. LG 39-42), inserendo poi in tale orizzonte interpretativo la comprensione delle singole vocazioni: quelle al ministero ordinato e alla vita consacrata come pure la vocazione laicale (cfr. LG 31), specialmente nella forma coniugale (cfr. LG 35; GS 48.49.52)” (n. 87). A fronte di tale impostazione c’è una difficoltà oggettiva: i giovani hanno “una visione riduttiva” del termine “vocazione” e la pastorale vocazionale viene vista come “un’attività finalizzata esclusivamente al ‘reclutamento’ di sacerdoti e religiosi”. Da qui nasce la necessità di ripensare la pastorale giovanile vocazionale in modo che sia “di ampio respiro” e “significativa per tutti i giovani”. E accanto alle scelte del ministero sacerdotal e del matrimonio compaiono anche i single. “Alcune conferenze episcopali si chiedono qual è la collocazione vocazionale di persone che scelgono di rimanere ‘singleì senza alcun riferimento ad una consacrazione particolare né al matrimonio. Visto il loro aumento numerico nella Chiesa e nel mondo, è importante che il Sinodo rifletta sulla questione. (n. 105)”.

E se ogni ragazzo, infatti, ha una sua vocazione che può esprimersi in vari ambiti – la famiglia, lo studio, la professione, la politica, centrale è, allora il tema dell’ accompagnamento”. “L’intera tradizione della spiritualità insiste su quanto sia fondamentale l’accompagnamento, in particolare durante il processo di discernimento vocazionale. (n: 120”. “L’accompagnamento dei giovani da parte della Chiesa assume così una varietà di forme, dirette e indirette, interseca una pluralità di dimensioni e ricorre a molteplici strumenti, a seconda del contesto in cui si colloca e del grado di coinvolgimento ecclesiale e di fede di chi è accompagnato (n. 122)”. E si tratta di trovare “gli strumenti più opportuni per permettere alla Chiesa di adempiere alla propria missione nei confronti dei giovani: aiutarli a incontrare il Signore, sentirsi da Lui amati e rispondere alla Sua chiamata alla gioia dell’amore (n. 138)”.

“La chiamata alla gioia e alla vita in pienezza si colloca sempre all’interno di un contesto culturale e di relazioni sociali. È di fronte alle circostanze della vita quotidiana che i giovani desiderano essere accompagnati, formati, resi protagonisti. Per questo la Chiesa è chiamata a «uscire, vedere, chiamare» (DP III, 1.3), cioè a investire tempo per conoscere e misurarsi con i vincoli e le opportunità dei diversi contesti sociali e culturali e a farvi risuonare in modo comprensibile la chiamata alla gioia dell’amore. (n. 144).

Il Documento sinodale si conclude ricordando la vocazione universale alla santità. E poiché “la giovinezza è un tempo per la santità”, essa va proposta come “orizzonte di senso accessibile a tutti i giovani”. “Merita anche ricordare che accanto ai ‘Santi giovani’ vi è la necessità di presentare ai giovani la ‘giovinezza dei Santi’. Tutti i Santi, infatti, sono passati attraverso l’età giovanile e sarebbe utile ai giovani di oggi mostrare in che modo i Santi hanno vissuto il tempo della loro giovinezza. Si potrebbero così intercettare molte situazioni giovanili non semplici né facili, dove però Dio è presente e misteriosamente attivo. Mostrare che la Sua grazia è all’opera attraverso percorsi tortuosi di paziente costruzione di una santità che matura nel tempo per tante vie impreviste può aiutare tutti i giovani, nessuno escluso, a coltivare la speranza di una santità sempre possibile. (n. 214)”. (FP)