Xinjiang: I figli dei deportati uiguri rinchiusi in orfanotrofio

I bambini che hanno i genitori rinchiusi nei campi di rieducazione vengono staccati dalle famiglie e messi in orfanotrofio. Talvolta anche in altre regioni della Cina, lontani dai parenti. Le condizioni delle strutture “sono terribili”. Continua il giro di vite e la deportazione forzata del popolo uiguro.


Urumqi (AsiaNews/Rfa) – Continua la persecuzione del popolo uiguro nello Xinjiang. In seguito alle deportazioni di massa della popolazione nei campi di rieducazione, le autorità cinesi hanno trovato una soluzione per i figli dei deportati. Secondo alcune fonti locali, i bambini rimasti soli vengono rinchiusi negli orfanotrofi. Nel villaggio di Chinibagh, prefettura di Qaraqash, un impiegato dell’ufficio di polizia spiega: “Al momento i bambini sono mandati in orfanotrofio fino a che i loro genitori non verranno rilasciati”. E continua: “Questi vengono messi nelle strutture dal momento che non c’è nessuno che si può prendere cura di loro”. Al momento ci sono tra i 50 e i 60 bambini uiguri nella struttura. Un impiegato di un altro orfanotrofio, nel sud dello Xinjiang, racconta che le condizioni sono terribili. I bambini tra i 6 e i 12 anni sono rinchiusi come animali in capanni. La fonte interpellata da Radio free asia dice che alcuni vengono inviati anche in altre strutture della Cina.

Sempre dal fronte uiguro giunge la notizia che Ayhan Memet, madre di  Dolkun Isa, leader del World Uyghur Congress, è deceduta all’età di 78 anni. La donna era in un campo di rieducazione. Isa aveva saputo della morte della madre il 17 maggio. Tuttavia non era certo se fosse morta in prigionia. Gli uiguri che hanno parenti all’estero spesso sono presi di mira dalle autorità e deportati. I familiari in esilio hanno spesso difficoltà a reperire informazioni sui parenti rimasti in Cina.

La donna era detenuta da circa un anno nel centro di Akesu per “estremismo religioso”. Isa vive in esilio dal 1994 e l’ultima volta che ha parlato con sua madre è stato un anno fa. “Uccidere una madre per vendicarsi del pacifico attivismo per i diritti umani di suo figlio è la forma più vigliacca di rappresaglia da parte di un governo autoritario. Piangerò la sua morte e continuerò a lottare pacificamente per i legittimi diritti del popolo uiguro con dignità. Nonostante la mia personale sofferenza e sacrificio”, ha dichiarato Isa. “Non so cosa accada nei campi cinesi. Forse anche mio padre è stato rinchiuso”.