Pena di morte: nel 2017 il boia ha ucciso 993 persone (Cina esclusa)

Oggi si celebra la Giornata mondiale contro la pena di morte. I primi cinque Paesi con il numero più elevato di condanne capitali sono Cina, Iran, Iraq, Pakistan e Arabia Saudita. Rispetto al 2016, il numero delle persone uccise è diminuito del 4%. In tutto il mondo sono 142 i Paesi abolizionisti per legge o nella prassi.


Parigi (AsiaNews/Agenzie) – Dagli Stati Uniti alla Bielorussia, dal Camerun al Libano, sono ancora 23 i Paesi che nel mondo applicano la pena di morte. Lo conferma l’ultimo rapporto della World Coalition Against the Death Penalty, alleanza di oltre 150 Ong per i diritti umani, associazioni legali, sindacati e autorità locali e regionali che si battono a livello mondiale per l’abolizione della pena capitale. Secondo il rapporto, nel 2017 sono state uccise almeno 993 persone e altre 2.591 sono state condannate in 53 Paesi. Il numero è difettoso al ribasso, perché manca il numero delle esecuzioni portate a termine in Cina, che vieta la diffusione di notizie a riguardo e considera gli omicidi in regime di detenzione come un “segreto di Stato”.

Oggi si celebra la 16ma Giornata mondiale contro la pena di morte. Stando ai dati delle ricerche, ai primi cinque posti della classifica degli Stati con il maggior numero di esecuzioni si collocano Cina, Iran, Iraq, Pakistan e Arabia Saudita. In tutto, sono 142 i Paesi abolizionisti per legge o nella prassi: 107 hanno eliminato la pena di morte per tutti i reati; sette la prevedono solo per crimini eccezionali, come quelli commessi in tempo di guerra; 28 non eseguono condanne da almeno 10 anni.

L’organizzazione sottolinea che le condizioni a cui sono sottoposti i detenuti sono degradanti e ledono la dignità umana. In America alcuni Stati – come il Texas e la California – prevedono l’isolamento per 22 ore al giorno. In Giappone i prigionieri non possono muoversi al di fuori della cella e non è loro concesso fare attività fisica. In Pakistan i condannati a morte hanno un’ora d’aria e di solito sono rinchiusi in “celle della morte”, simili a loculi, di neanche 3 metri di lunghezza. In Vietnam i carcerati sono tenuti legati a delle catene e vengono liberati solo per 15 minuti al giorno, giusto il tempo di lavarsi. In Bangladesh, che già prevede le impiccagioni per reati compiuti nella guerra di Liberazione o contro i bambini, due giorni fa il Parlamento ha proposto di estenderle anche ai trafficanti di droga.

Secondo Amnesty International, che fa parte della Coalizione, le esecuzioni sono diminuite del 4% rispetto al 2016 e del 39% rispetto al 2015. D’altro canto, denunciano gli attivisti, è aumentato “il ricorso alla pena capitale nel tentativo, basato su procedimenti viziati, di contrastare i reati di terrorismo”. Tra le altre associazioni coinvolte nella campagna, anche la Comunità di Sant’Egidio che combatte la pena capitale promuovendo visite nei bracci della morte negli Stati Uniti, in Indonesia e in diversi Paesi africani.