Mons. You: Sacerdoti a Pyongyang e libertà religiosa per preparare la visita del papa in Corea del Nord
di Bernardo Cervellera

Il vescovo di Daejeon, a Roma per il Sinodo, prevede tempi non brevi per la realizzazione del viaggio del pontefice. La Corea del Nord vuole la normalizzazione dei rapporti con gli altri Paesi del mondo. Garantire la presenza di sacerdoti (del sud) e una maggiore libertà religiosa nel Nord sarebbero dei segnali concreti sui cambiamenti che stanno avvenendo nel Paese. Il Vaticano si preoccupa della pace nel mondo, ma non dimentica i diritti umani.


Città del Vaticano (AsiaNews) – L’invito del leader Kim Jong-un per una visita di papa Francesco in Corea del Nord è stato accolto con gioia da tutti i coreani. Ma per preparare questa visita, che è “pastorale” e non “politica”, sarebbe necessario che la Corea del Nord accettasse la presenza di sacerdoti a Pyongyang e garantisse una maggiore libertà religiosa al suo popolo. È il commento di mons. Lazzaro You Heung-sik (foto 2), vescovo di Daejeon (Corea del Sud), alla notizia dell’invito che Kim Jong-un ha rivolto al pontefice. La lettera ufficiale verrà consegnata nelle mani di Francesco dal presidente sudcoreano Moon Jae-in, in visita al Vaticano il 17-18 ottobre.

Per mons. You, a Roma per partecipare al Sinodo dei giovani, come membro invitato dal papa, la preparazione della visita avrà bisogno di molto tempo. Essa è comunque un passo che giova alla normalizzazione delle relazioni internazionali fra Corea del Nord e gli altri Paesi. A proposito della persecuzione ancora presente nel Nord, il vescovo di Daejeon, che è presidente della Commissione episcopale per la società, fa notare che nel dialogare con la Corea del Nord, il Vaticano opera per la distensione e la pace, senza dimenticare i diritti umani. Ecco l’intervista che mons. You ha rilasciato ad AsiaNews.

 

Mons. You, che senso ha questo invito così assolutamente nuovo di Kim Jong-un a papa Francesco?

Penso che per Kim Jong-un, una visita del papa gioverebbe alla normalizzazione delle relazioni internazionali con gli altri Paesi. La notizia è molto positiva, ma a mio parere ora vi è ancora tanto da fare e bisogna capire quanto tempo ci vorrà, affinché vi siano sviluppi. In diplomazia si procede a piccoli passi ed ora è necessario presentare una lettera ufficiale per invitare il papa, poi attendere la risposta. Inoltre bisogna tenere presente che quelle del pontefice sono anzitutto visite pastorali, non politiche. Non penso sia possibile organizzare la visita a breve tempo.

In passato si era tentato qualche rapporto fra Pyongyang e il Vaticano: l'ambasciatore nordcoreano per l’Italia, morto alcuni anni fa, aveva un ottimo rapporto con la Chiesa cattolica e avrebbe voluto invitare qualcuno della Santa Sede. Tuttavia, dopo la sua morte non se n'è fatto nulla.

Quando ho appreso dell'accordo provvisorio tra Santa Sede e Repubblica popolare cinese, ho pensato: “Questo potrebbe avere un'influenza positiva anche sulla Corea del Nord, che dipende molto da Pechino”. Vorrei rilevare che per accogliere il Santo Padre a Pyongyang, occorrerebbe mettere in atto qualche condizione da parte della Corea del Nord: ad esempio accettare la permanenza di sacerdoti nel Nord e garantire una maggior libertà religiosa al popolo nordcoreano. Queste due iniziative, che sono strettamente collegate, sarebbero i segni più concreti della svolta della posizione della Corea del Nord davanti a tutti i Paesi del mondo.

 

Come è stata accolta la notizia da parte del popolo sudcoreano?

Tutti i media sudcoreani hanno dato grande risalto alla notizia, ed è stata accolta con grande favore dalla comunità cattolica.  La questione è molto delicata, perché quando vi sono tante aspettative, se giunge un fallimento fa ancora più male. Possiamo sperare, pregare, ma che la Santa Sede accetti l'invito oppure no è un'altra cosa.

Venendo in Vaticano il 17 e il 18 ottobre, il presidente Moon parlerà con il papa e con il card. Parolin e sarà più concreto e specifico. Per ora ci basiamo soltanto sulle poche dichiarazioni rilasciate dal portavoce del presidente.

 

Non ci sono posizioni critiche, di persone che chiedono di non dimenticare la persecuzione avvenuta e che continua nel Nord?

Lo scorso luglio, mons. Gallagher è venuto in Corea su invito dello Stato. Terminati gli incontri ufficiali con il presidente e i ministri, egli ha incontrato i deputati cattolici di tutti i partiti. I deputati sono in tutto 300 e i cattolici 76; almeno 50 di questi sono venuti all’incontro e ciò è già un miracolo. L'incontro tra l'arcivescovo Gallagher e i deputati è durato un'ora e mezza. Tra i partecipanti, ve n'era uno che non era contento del riavvicinamento tra le due Coree. Costui ha esclamato: “La Santa Sede è sempre molto interessata alle questioni sui diritti umani. Ora però si parla solo di pace”. Mons. Gallagher ha risposto: “I diritti umani sono importantissimi, ma se vi è la guerra, questa distrugge tutto. Per questo la pace ha il primo posto nelle preoccupazioni della Santa Sede”.

In Corea quelli che prima erano critici riguardo il dialogo, vedendo i passi concreti che stanno avvenendo, stanno cambiando idea. Questa è la situazione attuale in Corea.