Mons. Sako: al Sinodo della Chiesa caldea emigrazione cristiana e proselitismo degli evangelici

Secondo il vescovo di Kirkuk, l'imminente incontro dei presuli caldei in Vaticano, in programma dall'8 al 12 novembre, non si dovrà fermare solo alla riforma liturgica.


Baghdad (AsiaNews) – Il futuro dei cristiani in Iraq così come la riforma liturgica saranno al centro del Sinodo speciale della Chiesa caldea, che si terrà in Vaticano dall'8 al 12 novembre prossimo. La data, in un primo momento incerta, è stata confermata oggi ad AsiaNews da mons. Andraos Abouna, ausiliare del patriarca caldeo a Baghdad. L'incontro tra i vescovi caldei provenienti dall'Iraq e dalla diaspora, si terrà a porte chiuse. I presuli si riunisco di solito una volta all'anno, ma l'urgenza della situazione irakena ha imposto un secondo Sinodo dopo quello svoltosi in Iraq all'inizio di quest'anno.

P. Philip Najim, tra i responsabili del patriarcato, ha annunciato che si discuterà non solo degli eventi irakeni, ma anche della riforma della liturgia caldea e di normativa. Intervistato da AsiaNews, mons. Louis Sako, vescovo caldeo di Kirkuk, ha però sottolineato l'urgenza di altre questioni: stabilire una "linea direttiva" della Chiesa da proporre "con coraggio" al governo, studiare il problema dell'emigrazione e come contrastare il "crescente proselitismo delle Chiese evangeliche in Iraq". Sull'argomento ha espresso preoccupazione anche il patriarca Emmanuel II Delly. Egli ha sottolineato che la Chiesa caldea ha sempre avuto buone relazioni con i gruppi evangelici in Iraq; ma questi "nuovi evangelici", arrivati dopo la guerra, sono impegnati più nel raccogliere denaro da ricchi donatori esteri che nel diffondere il Vangelo.

Tutti e tre i temi, però, rileva mons. Sako, sono aspetti che "possiamo affrontare solo noi vescovi irakeni; i confratelli della diaspora in America o Europa non conoscono la situazione nel profondo".

Mons. Sako è perplesso: "La situazione politica in Iraq non ci aiuta ad andare a Roma e parlare in modo proficuo del futuro della Chiesa caldea nel Paese e nel mondo". "Il patriarca - continua - ci ha detto che all'ordine del giorno ci sarà la riforma della messa caldea e il diritto privato, ma ad oggi questi sono problemi secondari".

Secondo il vescovo, "il nodo cruciale oggi è la situazione dei cristiani in Iraq, soprattutto sotto la nuova Costituzione, che rende impossibile la conversione dall'Islam e unifica in modo poco chiaro caldei e assiri". La denuncia del presule è diretta: "La nostra Chiesa non ha una visione per il futuro, né sul futuro politico del Paese, né per quello pastorale; tutto è improvvisato, vissuto alla giornata".

Il referendum è stato un "passo importante" per la democrazia, ma questa Costituzione è "troppo confessionale" e la comunità cristiana "non è soddisfatta". Mons. Sako fa poi un esempio: "Ai lavori per la Costituzione i rappresentanti cristiani erano tutti laici mentre per i musulmani c'erano anche i religiosi, nessun vescovo era lì, e solo un capo religioso può capire certe problematiche".

La speranza del vescovo è che nel Sinodo si parli proprio di questo: "Che si possa studiare seriamente la nuova Costituzione e prepararci a chiedere nuovi cambiamenti". "Servirebbero comitati per preparare uno studio serio, come stanno facendo i maroniti in Libano; i responsabili potrebbero incontrarsi ad esempio nella zona curda, dove la sicurezza è assoluta, ma forse manca un'effettiva volontà. Dobbiamo trovare il coraggio di parlare e chiedere più diritti alle autorità".

Altro problema che Sako propone di mettere all'ordine del giorno è "l'aggressivo proselitismo delle chiese protestanti arrivate nel Paese con le truppe americane". "A Baghdad - racconta - ce ne sono 16 nuove e qui a Kirkuk 2 o 3; sono molti i fedeli che ci lasciano per unirsi a loro". È allora necessario capire il "perché e che cosa cercano". "Metodisti e presbiteriani - spiega - vengono con l'esercito e fanno proselitismo tra cattolici e ortodossi: attirano la gente con soldi e la promessa di visti per espatriare; celebrano nei dialetti arabi, mentre noi ancora non abbiamo avuto un aggiornamento liturgico". Secondo mons. Sako, "il futuro della Chiesa caldea è qui in Iraq", da dove, però, sempre più cristiani emigrano. "La nostra gente si sente isolata dal resto del mondo e lascia il Paese in cerca di sicurezza: i curdi nella zona curda sono molto protetti; gli arabi hanno il sostegno dei paesi limitrofi, ma i cristiani? Sono soli". Il vescovo fa un esempio: "Se un cristiano è rapito, è la famiglia che deve trovare i soldi per pagare il riscatto; non abbiamo appoggi da nessuno. L'unico sollievo ci è dato dai caldei della diaspora; essi raccolgono fondi e sono gli unici a poter fare pressione sui Paesi occidentali perché proteggano i cristiani in Iraq e in Medio Oriente". Alcuni leader cristiani ritengono che solo da agosto a ottobre 2004 abbiano lasciato l'Iraq tra i 10 mila e i 40 mila cristiani.

I caldei in Iraq sono 550 mila; altri 150 mila fanno capo a 8 diocesi sparse in tutto il mondo. (MA)