Souleman Yusph è stato arrestato a inizio ottobre da milizie assire legate all’amministrazione curda per i suoi articoli di denuncia contro il tentativo di chiusura delle scuole cristiane. Ha subito abusi fisici e psicologici. Nonostante le intimidazioni assicura di voler continuare con il proprio lavoro. La delusione per le politiche degli Stati Uniti e della comunità internazionale in Siria.
Hassaké (AsiaNews) - La “delusione” per l’indifferenza dell’Occidente, soprattutto gli Stati Uniti, che può “esercitare pressioni” a difesa dei cristiani in Siria e dimostra di non curarsi di loro “e del loro futuro”. E la paura di finire ancora nel mirino dell’autorità curda e di una fazione cristiana sua alleata, che l’ha fermato e sequestrato per diversi giorni, sottoponendolo a torture, solo per aver denunciato coi suoi scritti e i post in rete gli abusi e le violazioni. È quanto racconta ad AsiaNews il giornalista cristiano Souleman Yusph, originario di Qamishli, cittadina del nord-est della Siria situata in un’area controllata dai curdi, ricercatore specializzato nelle questioni riguardanti le minoranze.
Rilasciato dopo alcuni giorni di prigionia, durante i quali afferma di aver capito il valore e l’importanza della libertà, personale e non, egli non risparmia accuse a una nazione e a cittadini ormai abituati al ruolo di vittime di “tirannia, soppressione e rifiuto”. Ciononostante, egli assicura di voler “continuare a scrivere” e raccontare eventuali abusi o violazioni ai danni dei cristiani, partendo proprio dalla vicenda delle scuole dell’area curda ancora oggi a rischio chiusura.
Ecco, di seguito, quanto ha raccontato in questa intervista ad AsiaNews:
Chi c’è dietro il suo arresto e ha temuto per la sua sorte?
Mi hanno arrestato membri della Sutoro, le Forze di sicurezza siriache, falange armata del Partito dell’unione siriaca (Sup), che si è unito alla cosiddetta Federazione democratica della Siria del Nord (il Kurdistan siriano) nella regione della Jazira. Gli agenti hanno preso d’assalto la mia abitazione, come se stessero facendo irruzione in un covo di terroristi. Hanno perquisito la casa e confiscato computer, telefoni cellulari, compact disc e chiavette usb. Poi mi hanno imbavagliato e trasportato a 200 km di distanza da Qamishli, la mia città natale, in uno dei campi di addestramento delle Forze militari siriache (Smf), ala armata del Sup. Mi hanno ammanettato, in parte torturato con un bastone elettrico. La stanza era calda e con pochissima aria. Ho trascorso la prima notte con gli insetti come unici compagni, isolato dal mondo. Mi sono sentito perseguitato e umiliato solo per aver espresso il mio pensiero. In cella ho capito il valore della libertà.
In base a quali accuse è stato fermato?
Mi hanno arrestato per aver offeso in modo deliberato il loro partito, l’Unione siriaca, nei miei scritti e perché lo avrei fatto dietro imbeccata di altri partiti. Durante l’interrogatorio ho negato con forza queste accuse. Quello che ho scritto rientra nella libertà di critica circa le posizioni del Sup in riferimento a questioni di primaria importanza che riguardano il popolo assiro; fra queste vi è il problema delle scuole nella regione di Jazira.
Ha temuto per la sua vita? A cosa ha pensato nei giorni della prigionia?
Ho vissuto una esperienza terrificante: mi hanno tirato fuori dalla macchina per portarmi al centro di detenzione, colpito con scosse elettriche, accusato di aver formato gruppi terroristi e intrecciato legami con Daesh [acronimo arabo per lo Stato islamico, SI] e minacciato di uccidermi. In quel momento ho pensato che la mia vita fosse giunta alla fine. Durante il periodo di detenzione ho avuto pensieri terribili. Ho pensato alla mia famiglia, alle loro sofferenze e al panico provato quando i miliziani hanno attaccato la mia casa e la loro ansia per il mio destino. La detenzione per mano delle milizie siriache cristiane, parte dell’autorità curda, mi ha fatto capire che il problema non è il regime siriano che ha governato il Paese per decenni, ma è una questione radicata nella mentalità del singolo nato e cresciuto in un contesto di tirannia, soppressione e rifiuto dell’altro.
Nutriva il timore che la sua opera di denuncia potesse metterla in pericolo?
Come oppositore di lungo corso del regime siriano, mi sarei aspettato che sarebbero state le forze di sicurezza governative a Qamishli a fare irruzione in casa mia e arrestarmi. Quello che non mi sarei mai aspettato, invece, è di finire nel mirino di un partito siriaco-assiro cristiano, del quale sarei in teoria un sostenitore e al quale spettava la tutela di attivisti e dissidenti assiri.
Continuerà il suo lavoro come prima o ha paura di nuovi attacchi?
Certamente continuerò [a scrivere] come ho sempre fatto prima dell’arresto. Scriverò per far sentire la mia voce e le mie idee in riferimento a questioni che riguardano il nazionalismo e la nostra nazione, di interesse per gli assiri e per i siriani in generale, senza per questo offendere alcun partito o autorità. Le campagne di solidarietà che ho riscontrato durante il periodo di fermo, che hanno superato ogni mia aspettativa, hanno rafforzato la mia fiducia e mi hanno dato ancor più forza morale e un motivo in più per scrivere.
Com’ è la situazione delle scuole e cristiani nelle zone curde?
Le scuole sono ancora a rischio chiusura. Sono fra il martello del regime siriano e l’incudine dell’autorità curda. I curdi cercano di imporre il loro curriculum, che non è riconosciuto da nessuna autorità internazionale o locale, con la forza in tutti gli istituti sparsi sul territorio sotto il loro controllo. Dall’altro, il regime minaccia di ritirare la la licenza alle scuole che non utilizzano il curriculum predisposto dal ministero dell’Istruzione. Non dico che l’autorità curda voglia cacciare gli assiri e i cristiani (e i non cristiani) fuori da queste regioni. Tuttavia, alcune di queste politiche e pratiche sbagliate spingono i cristiani (e non) ad andarsene. Il futuro delle scuole assire, il futuro degli assiri e di tutti i cristiani di queste regioni è condizionato agli sviluppi della crisi siriana e alla natura delle soluzioni che verranno adottate.
Vi sentite abbandonati dalla comunità internazionale e dall’Occidente in particolare?
La Jazira siriana, controllata dai curdi, è un’area sotto l’influenza americana. Gli Stati Uniti possono esercitare pressioni e chiedere ai loro partner curdi di risparmiare cristiani e assiri dai conflitti e non arrecare danni alle loro scuole private. Tuttavia, gli americani non l’hanno fatto perché a loro non importa nulla degli assiri e dei cristiani e del loro futuro. I cristiani della Siria, e dell’Oriente in generale, sono da tempo delusi per il comportamento dell’Occidente e della comunità internazionale. La risposta alle sofferenze dei cristiani in Siria non dovrebbe essere limitata ad alcuni aiuti umanitari. La questione è essere o non essere. I cristiani hanno bisogno di chi può garantire loro sicurezza e protezione.