Abolite le parrocchie russe di Costantinopoli
di Vladimir Rozanskij

Le chiese ortodosse russe in Europa sono lasciate libere di aderire all’Ortodossia russa, dopo le tensioni fra Mosca e Costantinopoli legate all’autocefalia ucraina. Le Chiese russe in Europa si erano formate nei primi decenni del ‘900, attorno agli esuli russi della Rivoluzione. Fra essi sono annoverate grandi personalità come Berdjaev, Bulgakov, Losskij. All’Istituto di teologia ortodossa “S. Sergio” di Parigi hanno lavorato i più noti teologi russi del ‘900, come Florovskij, Afanasev, Schmemann, Evdokimov, Clement.


Mosca (AsiaNews) - Il Patriarcato di Costantinopoli ha sciolto la particolare giurisdizione ecclesiastica russa in Europa occidentale, che si era formata dopo la rivoluzione del 1917 per i rifugiati ed emigranti russi. La decisione piuttosto inattesa, è stata comunicata in forma molto essenziale, creando perplessità tra i sacerdoti, fedeli, osservatori.

Lo scioglimento è stato operato durante il Sinodo del Patriarcato ecumenico tenutosi dal 27 al 29 novembre a Istanbul. In esso si è anche deciso di procedere per l’autocefalia della Chiesa ortodossa ucraina, stilando una specie di Carta costituzionale della nuova Chiesa autocefala.

Secondo il comunicato del 28 novembre, firmato dal metropolita Giovanni di Charioupolis, amministratore patriarcale, lo scioglimento vuole “rispondere alle esigenze pastorali e spirituali della nostra era, rispettando la legge canonica e la responsabilità che ne deriva”. I dettagli e le conseguenze di questa scelta verranno discusse alla prossima riunione del Sinodo costantinopolitano, e il metropolita Giovanni invita i fedeli e i sacerdoti a “mantenere la calma, in attesa dell’individuazione delle migliori forme di cura pastorale” per i fedeli interessati dall’improvvisa decisione.

Questa cura pastorale del Patriarcato ecumenico risale agli anni ‘20 del secolo scorso. Alcuni vescovi e metropoliti russi erano rimasti tagliati fuori dalla loro patria, dove tra il 1918 e il 1921 si era insediato il regime sovietico, a seguito della rivoluzione e della guerra civile tra “bianchi” e “rossi”. La sconfitta delle armate bianche filo-zariste, a cui questi vescovi avevano dato la loro benedizione, impose delle scelte dolorose.

La maggior parte dei vescovi si riunì nella cittadina serba di Sremski Carlovci, sede del Patriarcato serbo sotto gli Asburgo, e fondò la “Chiesa ortodossa russa all’estero”, rimasta per tutto il periodo sovietico custode delle tradizioni e dei sentimenti zaristi della Russia pre-rivoluzionaria. Questa parte della Chiesa russa non riconosceva la legittimità di quella rimasta sotto i sovietici, accusandola di collaborazionismo con lo Stato ateo.

Tale frattura è stata sanata con la riunificazione del 2004, ottenuta soprattutto grazie agli sforzi del metropolita Kirill (Gundjaev), oggi patriarca di Mosca, e dell’attuale metropolita di Pskov Tikhon (Shevkunov), allora già noto come “padre spirituale” del presidente Putin.

Uno dei metropoliti più influenti del gruppo dei fuorusciti, Evlogij (Georgievskij), non si rassegnò alla divisione da Mosca e si trasferì a Parigi, come delegato patriarcale per i russi in Europa occidentale. Divenuti impossibili i rapporti con la patria, Evlogij si accordò con il Patriarcato ecumenico, fondando l’Esarcato per i russi in Europa occidentale. Attorno a lui si formò il gruppo più prestigioso dei russi all’estero, tra cui gli intellettuali della “nave dei filosofi” espulsi dalla Russia nel 1922, con personalità come Berdjaev, Bulgakov, Losskij e molti altri. Essi dettero vita all’Istituto di teologia ortodossa “S. Sergio” di Parigi, presso la chiesa di S. Aleksandr Nevskij in rue Daru, dove in seguito lavorarono i più noti teologi russi del ‘900, come Florovskij, Afanasev, Schmemann, Evdokimov, Clement e tanti altri.

Lo stesso Evlogij si considerava sempre in comunione con il Patriarcato di Mosca, e questo gruppo di russi “costantinopolitani” rimase sempre un ponte di mediazione tra la Russia ortodossa “sovietica” e il resto dell’ortodossia, e del mondo cristiano e occidentale. Alla luce della rottura tra Mosca e Costantinopoli, a causa dell’annunciata autocefalia ucraina, la decisione sembra voler affermare che il ruolo dei russi “ecumenici”, per diritto e per scelta, sia ormai esaurito.

I sacerdoti e i fedeli appartenenti a questo gruppo, che nel 1999 era stato ristrutturato in apposita arcidiocesi, dovranno ora probabilmente fare una scelta tra il ritorno alla giurisdizione di Mosca, oppure “grecizzarsi” per rimanere con Costantinopoli. Di fatto la decisione impedisce i “passaggi” formali da una giurisdizione all’altra, ciò che stava già cominciando a realizzarsi in queste settimane, per via dello scontento reciproco di chi pende da una o dall’altra parte. Nei giorni scorsi, ad esempio, la comunità russa di Firenze ha deciso di unirsi a Mosca e rompere con Costantinopoli. Simili oscillamenti si verificano in diverse comunità.

Tali passaggi, del resto, non sono una novità: avvenivano anche ai tempi dell’Unione Sovietica, a seconda delle posizioni favorevoli o contrarie dei russi all’estero nei confronti del regime. Oggi l’alternativa non è più tra rossi e bianchi, ma tra patrioti ed ecumenici.