Vescovi pakistani: Chiediamo la pace tra India e Pakistan

Oggi le scuole della Valle del Kashmir sono chiuse e New Delhi ha chiesto il rilascio del pilota catturato ieri dall’esercito di Islamabad. Mons. Joseph Arshad ricorda che “a soffrire di più è la popolazione”. Per questo lancia un appello a tutta la comunità internazionale. La Cina esprime preoccupazione.


Islamabad (AsiaNews) – Visti i recenti incidenti avvenuti lungo la frontiera, “chiedo ai leader di India e Pakistan di riprendere i dialoghi di pace e risolvere tutte le questioni attraverso il dialogo”. È quanto afferma ad AsiaNews mons. Joseph Arshad, arcivescovo di Islamabad-Rawalpindi e presidente della Conferenza episcopale pakistana. Egli lancia un appello affinché cessino gli scontri tra i due Paesi, ripresi due settimane fa dopo un attentato contro i soldati indiani in Kashmir. Poi ricorda il dolore vissuto dalla popolazione, spesso vittima innocente delle decisioni prese al vertice. “Il popolo del Pakistan e dell’India – sottolinea – desidera la pace”.

Intanto la tensione tra le due nazioni non accenna a diminuire e oggi sono state chiuse le scuole entro 5 km dalla Linea di Controllo (la frontiera). Il confronto ha raggiunto l’apice ieri, quando la contraerea di Islamabad ha abbattuto due jet indiani entrati in maniera illegale nello spazio aereo pakistano. Uno dei due piloti è stato fatto prigioniero e mostrato in video bendato e sanguinante. Il filmato, caricato sull’account ufficiale del Ministero pakistano dell’informazione, è stato poi cancellato in seguito alle aspre proteste degli utenti che descrivevano le immagini come una “volgare esibizione di una persona ferita”.

La reazione di Islamabad era dovuta ai bombardamenti da parte di New Delhi del giorno precedente, con cui l’India voleva annientare un campo di addestramento per i militanti islamici che hanno compiuto l’attentato in Kashmir. Il lancio di bombe è la prima azione militare dall’ultima guerra tra i due Paesi che risale il 1971, sebbene la Valle del Kashmir sia un territorio rivendicato fin dalla spartizione del 1947.

Oggi il governo indiano chiede il rilascio del pilota, il Wing Commander (tenente colonnello) Abhinandan, nel frattempo apparso in un altro video mentre sorseggiava del thè. Anche i social, che nel dibattito politico stanno diventando sempre più influenti, chiedono la fine delle ostilità e lanciano l’hashtag #SayNoToWar.

Lo scontro ha suscitato le preoccupazioni dei Paesi dell’area, prima di tutto la Cina. Wang Yi, consigliere di Stato di Pechino, ha assicurato che la Cina continuerà a giocare un “ruolo costruttivo” per diminuire la tensione. A preoccupare di più è il fatto che India e Pakistan detengono entrambe la bomba nucleare. È stato calcolato che, se dovesse iniziare un conflitto atomico, questo provocherebbe almeno due miliardi di morti.

Per questo, mons. Arshad si rivolge direttamente ai governati. “Ci aspettiamo – dichiara che anche la comunità internazionale intervenga per disinnescare la situazione che sta causando la perdita di vite umane, evitare la rovina di questa regione che manderebbe sul lastrico questa parte di terra”.

Il presidente dei vescovi pakistani ribadisce: “Senza arrenderci di fronte alle difficoltà, dobbiamo tutti cercare e seguire ogni possibile modo per evitare la guerra, che si traduce sempre in tristezza e gravi conseguenze per tutti”. Infine invoca: “Preghiamo tutti affinché Dio Onnipotente conceda saggezza alla leadership di entrambi i Paesi per risolvere le loro questioni in modo che la pace e la prosperità possano prevalere, portando a un futuro migliore delle persone nella regione e nel mondo”.