Trump: 'Il Golan è israeliano'. Onu e Chiesa di Terra Santa: 'Rispettare i trattati'

Con un tweet il presidente Usa afferma che è “arrivato il momento” di riconoscere la “sovranità” di Israele sulle Alture. Un regalo a Netanyahu in vista delle elezioni del 9 aprile. Contrarie Russia e Siria, che parlano di scelta “irresponsabile” e “disprezzo” del diritto. Vicario di Gerusalemme: “Rispettiamo” la posizione delle Nazioni Unite, serve “accordo di ampia portata”. 


Gerusalemme (AsiaNews) - Per Siria e Russia si tratta di una dichiarazione “irresponsabile” e senza alcuna base giuridica; le Nazioni Unite richiamano al rispetto del diritto internazionale che, ancora oggi, giudica “illegale” l’occupazione del Golan da parte di Israele. E anche la Chiesa cattolica in Terra Santa parla di “questione politica” e invita a “rispettare” quanto previsto da trattati Onu. A meno di 24 ore, non si placa la polemica sull’ennesimo tweet del presidente Usa Donald Trump in cui l’inquilino della Casa Bianca riconosce la sovranità israeliana sulle Alture. 

Lo scontro con Damasco sulle Alture del Golan è iniziato nel giugno 1967 quando durante la guerra arabo-israeliana dei “Sei Giorni” Israele ha occupato le colline che svettano sul lago di Tiberiade, principale riserva idrica del Paese. Nel 1973 la Siria ha cercato di riconquistare la zona, invano; dalla firma dell’armistizio il controllo è affidato a una missione Onu, ma nel 1981 Israele decide - in violazione al diritto internazionale - di annettersi un’area dall’importanza strategica, offrendo la cittadinanza alle popolazioni arabe (in maggioranza drusi). 

“Dopo 52 anni - scrive Trump - è il momento per gli Stati Uniti di riconoscere appieno la sovranità di Israele sulle Alture del Golan”. Una nota breve, netta e che sembra molto uno spot elettorale per il Primo Ministro uscente Benjamin Netanyahu, in vista delle elezioni politiche del 9 aprile in cui il premier è alla ricerca di un quinto mandato. Secondo analisti ed esperti, la presa di posizione è frutto di giornate di intensi colloqui riservati fra l’amministrazione Usa e l’alleato mediorientale. 

La mossa di Trump sul Golan segue le precedenti scelte dell’amministrazione repubblicana che ha voluto - in maniera unilaterale e in violazione ai trattati internazionali - riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele e disporre il trasferimento dell’ambasciata. Un riconoscimento che era nell’aria vista la scelta, nel rapporto annuale del Dipartimento di Stato Usa sui diritti umani, di definire “territori controllati” e non “occupati” da Israele le Alture del Golan, Cisgiordania e Gaza.

Interpellato da AsiaNews mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo, vicario patriarcale di Gerusalemme, parla di “questione di natura prettamente politica”, riguardo la quale “noi rispettiamo” la posizione sancita da “statuti e organismi internazionali come l’Onu e l’Unione europea”. La definizione, aggiunge il prelato, resta quella “di territori occupati” e non vi possono essere cambiamenti unilaterali “senza un accordo di più ampia portata”. Questa vicenda, prosegue, “avrà forse delle ripercussioni per il Golan, ma non vi saranno grandi risvolti per il resto del Paese. Potrebbero esserci reazioni, ma non sproporzionate anche perché da anni sappiamo che la posizione dello Stato di Israele sulle Alture” è quella riconosciuta da Trump nel suo messaggio.

In queste ore la decisione del presidente statunitense ha sollevato risposte durissime da Damasco e Mosca, mentre le Nazioni Unite ricordano che l’occupazione israeliana è e resta “illegale” secondo il diritto internazionale. Intervenuta sulla vicenda, la portavoce del ministero russo degli Esteri Maria Zakharova parla di violazione delle risoluzioni Onu per una decisione presa “bypassando” il Consiglio di sicurezza. La nostra posizione sulla decisione di Israele di “estendere” la sovranità sulle Alture del Golan resta “immutata” e “contraria”. 

Sulla stessa linea il governo siriano, che ha definito “irresponsabili” e “in palese violazione al diritto internazionale” le parole del presidente Trump, che ha adottato una politica di “cieca obbedienza” verso Israele. Damasco parla infine di “disprezzo” delle regole da parte degli Stati Uniti e conferma che intende riconquistare il controllo dell’area “con tutti i mezzi a disposizione”.