D-Day: card. Ouellet, fede e cultura dell’incontro contro scetticismo e relativismo

Promuovere la pace “non comporta soltanto delle convinzioni religiose tradotte in valori sociali, ma anche un accresciuto impegno razionale, per trasformare il mondo secondo l’imperativo del rispetto incondizionato della dignità della persona umana”.


Città del Vaticano (AsiaNews) – Le distruzioni senza precedenti causate dalla Seconda guerra mondiale, la crescita dell’islamismo con i suoi conflitti intestini, le tensioni causate dalla crescita dell’influenza cinese e la nuovo corsa agli armamenti con la diffusione delle armi atomiche hanno provocatouna lunga e pesante ondata di scetticismo e di relativismo”. A tutto questo la Chiesa cattolica oppone la sua promozione “d’una cultura dell’incontro, del dialogo e dell’integrazione che invita ad operare in sinergia con lo Spirito di Dio affinché prevalgano la giustizia, la solidarietà, la compassione e l’amore che liberano l’umanità dal flagello della guerra”.

E’ la riflessione proposta dal cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi, in un intervento nell’Abbazia Saint-Étienne a Caen, in Francia, in  occasione del settantacinquesimo anniversario dallo sbarco in Normandia, ampi stralci del quale sono stati pubblicati dall’Osservatore romano.

Per la stessa occasione, papa Francesco in un messaggio al vescovo di Bayeux-Lisieux, mons. Jean-Claude Boulanger ha scritto che la commemorazione sia un invito all’Europa, ai “cristiani di tutte le confessioni, credenti di altre religioni e uomini di buona volontà, a promuovere una vera fraternità universale, favorendo una cultura dell’incontro e del dialogo, attenta ai piccoli e ai poveri”.

Da parte sua il card, Ouellet afferma: “Innanzitutto, un dovere di rispetto nei confronti delle vittime. Il cardinale Joseph Ratzinger ha dichiarato proprio qui, quindici anni orsono, con grande autorevolezza, che l’ultima guerra fu del tutto giusta dal punto di vista del coinvolgimento degli alleati contro la follia hitleriana, poiché occorreva ristabilire il diritto dei popoli europei, Germania compresa, contro la barbarie nazista. Tuttavia, quale che sia la legittimità di questa guerra, quali che siano gli interessi in gioco e le circostanze che hanno determinato l’esplosione di questi conflitti, quali che siano le nobili motivazioni dei combattenti e le oggettive giustificazioni degli scontri, la seconda guerra mondiale ha significato per l’umanità l’esperienza di una sproporzione, sia sul piano dei mezzi impiegati sia su quello delle conseguenze subite dalle popolazioni”. Egli ricorda, in proposito, le bombe atomiche sul Giappone e “l’escalation dai genocidi armeni e ucraini ai gulag sovietici e ai campi di sterminio della Shoah, follia omicida satura di innumerevoli vittime innocenti e di ferite inguaribili del corpo e dell’anima”, “al punto che alcuni hanno dichiarato di non poter più credere in Dio dopo Auschwitz”.

“Se vi fu nel passato un’ondata ottimistica di credenza nel progresso e di fiducia ingenua nelle promesse della scienza, l’umanità ha ora fatto l’esperienza del disincanto del mondo causato dalle guerre, la cui memoria accompagna ormai non solo storici e filosofi, ma anche la cultura popolare. La caduta delle ideologie totalitarie, costruite su un presunto senso della storia, ha ceduto il posto a una lunga e pesante ondata di scetticismo e di relativismo”.

“La memoria delle vittime di questa ecatombe ci impone un omaggio di rispetto e un dovere di prevenzione dei conflitti con ogni mezzo. La salvaguardia della pace è responsabilità di tutti, una responsabilità delle donne e degli uomini del nostro mondo globalizzato, lacerato e sovra armato, così come delle nostre società multiculturali sottoposte alle sfide dell’ospitalità, della coabitazione e dell’integrazione. La Chiesa cattolica offre la testimonianza della sua fede in Cristo, Principe della pace, che sostiene il suo impegno per la pace nel mondo così com’è, ma teso verso un orizzonte di fratellanza umana universale possibile come anticipazione e profezia del Regno di Dio”.

Credere alla pace, prosegue il porporato canadese, “non comporta soltanto delle convinzioni religiose tradotte in valori sociali, ma anche un accresciuto impegno razionale, per trasformare il mondo secondo l’imperativo del rispetto incondizionato della dignità della persona umana, purtroppo minato da una colonizzazione ideologica ostile al carattere sacro della vita umana stessa. In questo difficile contesto, credere alla pace è anche contare sull’efficacia della preghiera per la pace, dal momento che lo Spirito di Dio dirige la storia umana verso il suo compimento trascendente con il concorso imperfetto ma volontario delle libertà umane. Queste si aprono con la preghiera a un maggiore influsso della Grazia che può piegare gli avvenimenti nella direzione della pace”.