Oltre un milione di persone alla marcia contro la legge sull’estradizione in Cina (Foto-Video)
di Paul Wang

La marcia si è svolta in modo pacifico. Ma dopo una dichiarazione del governo, che ribadisce la volontà di varare la legge, centinaia di giovani si sono scontrati con la polizia a Wan Chai e davanti al Legco (Central).


Hong Kong (AsiaNews) – Oltre un milione di persone hanno partecipato alla marcia contro la legge sull’estradizione che il governo di Hong Kong vuole far passare questa settimana. La legge permetterebbe di estradare criminali sospetti in Paesi con i quali non vi è ancora accordo sull’estradizione. Fra questi Paesi vi sono Cina e Taiwan.

Ma la popolazione teme che in questo modo, i sospetti trasferiti in Cina non avrebbero certezza di un processo giusto e rispetto per i loro basilari diritti umani, data la dipendenza delle corti cinesi dal volere del Partito comunista. Inoltre si teme che la legge possa essere usata dalla Cina per fermare e sequestrare dissidenti e persone che diffondono opinioni differenti a quelli di Pechino.

Gli organizzatori della marcia affermano che i partecipanti hanno raggiunto la cifra di 1,03 milioni, ma la polizia dice che vi erano 230 mila manifestanti. Fra loro vi erano molti gruppi di cattolici e il card. Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong. Nei giorni scorsi vi sono state manifestazioni contrarie alla legge da parte di avvocati di Hong Kong e delle Camere di commercio straniere. Anche la veglia per i morti di Tiananmen aveva come risvolto la critica alla legge sull’estradizione.

La massa enorme che si è radunata ieri pomeriggio al Victoria Park era così ingente che la marcia ha dovuto cominciare mezz’ora prima per permettere il deflusso. Muovendosi verso il centro, la polizia ha dovuto aprire tutte le carreggiate per far muovere la marcia, che era troppo lenta. Gli ultimi gruppi hanno lasciato il Victoria Park verso le 7 di sera, oltre quattro ore dopo che la marcia era iniziata.

Secondo gli organizzatori, la marcia di ieri è la protesta più grande dal 1997, da quando Hong Kong è ritornata alla Cina. Essa ha ricordato la grande mobilitazione avvenuta nel 2003 quando il governo voleva varare una legge sulla sicurezza (la cosiddetta “Art. 23”), che avrebbe dato più potere alla polizia e ridotto i diritti di assemblea e di parola. Allora (1° luglio 2003), la città ha risposto con una marcia di mezzo milione di persone, il governo ha dovuto ritirare la legge, il capo dell’esecutivo di allora, Tung Chee-hua, si è dimesso.

Questa volta, il governo sembra inamovibile. Verso le 23 di ieri sera, esso ha diffuso una nota in cui si afferma la volontà di andare avanti con il varo della legge, che verrà discussa al Legco (il parlamento di Hong Kong) il 12 giugno.

Nelle stesse ore, alla fine della grande manifestazione, centinaia di giovani (cosiddetti “localisti”, che vorrebbero che Hong Kong si separi dalla Cina) si sono radunati attorno al Legco e si sono scontrati con la polizia. Altri scontri sono avvenuti a Wan Chai. La polizia ha registrato i nomi di 300 persone accusandoli di violenza contro le forze dell’ordine.

In un’intervista alla radio stamattina, il parlamentare democratico Eddie Chu Hoi-dick afferma che le violenze che sono sorte dopo la pacifica manifestazione sono colpa del governo: esse sono state provocate dalla sua “dichiarazione irresponsabile”, in cui il governo conferma che nonostante la grande marcia, continuerà verso l’approvazione della legge.

(Foto e video sono presi da fonti via internet)