Gerusalemme, patriarcato greco-ortodosso: cristiani nel mirino di estremisti ebraici

Ateret Cohanim starebbe cercando di “minare alla base” la presenza cristiana in Terra Santa, impadronendosi di beni e proprietà. Dietro lo scontro, l’assegnazione al gruppo radicale di tre edifici nella città vecchia di proprietà del patriarcato. Che rivela prove di brogli e annuncia una nova azione in tribunale. 


Gerusalemme (AsiaNews) - Il “gruppo estremista” ebraico Ateret Cohanim sta cercando di “minare alla base” la presenza cristiana in Terra Santa, attraverso vari tentativi di impadronirsi di beni e di immobili. Ne è esempio la causa intentata presso la Corte suprema “per ottenere il controllo” di tre proprietà della Chiesa, nei pressi della porta di Jaffa e al-Mu’athamiyah, a Gerusalemme. È quanto scrive in una nota, inviata per conoscenza ad AsiaNews, il patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme secondo cui “modifiche allo Status Quo” nella città vecchia minacciano “il centenario mosaico e gli equilibri” che hanno regolato “la vita degli abitanti di tutte le religioni”. 

Il patriarcato ricorda che le proprietà sorgono “all’interno delle mura della città vecchia di Gerusalemme” e sono utilizzate “per i pellegrini e i turisti” nell’area, soprattutto per quanti “devono recarsi al Santo Sepolcro”. Da qui la scelta di continuare la battaglia legale e “far valere il dritto-dovere di difesa” dell’istituzione, dei luoghi santi e del patrimonio cristiano. Ricordando il “sostegno” delle altre chiese e denominazioni cristiane di Terra Santa, il patriarcato afferma inoltre di avere “prove inequivocabili” a sostegno del legittimo possesso dei beni. 

Al centro della controversia, l’acquisizione di tre edifici appartenenti alla Chiesa greco-ortodossa e oggi di proprietà - secondo quanto hanno stabilito i giudici - del “gruppo estremista” ebraico Ateret Cohanim. A giugno, con una sentenza a sorpresa per rapidità e modi, la Corte suprema aveva respinto il ricorso del Patriarcato greco ortodosso di Gerusalemme, perché la transazione è avvenuta attraverso intermediari stranieri e non si registrerebbero irregolarità.

Le strutture si trovano nella zona palestinese di Gerusalemme, occupata e annessa da Israele. In passato i leader cristiani di Terra Santa avevano già denunciato le iniziative dell’associazione ebraica, che promuove da tempo una campagna di occupazione e acquisizione di immobili nella parte cristiana della città vecchia. La Ateret Cohanim vuole “giudaizzare” la città santa e, attraverso intermediari e società terze, si è già impossessata di diverse proprietà immobiliari nell’area.

Il patriarcato greco-ortodosso afferma inoltre di avere prove di “atti di corruzione” perpetrati nel tempo dal gruppo ebraico e dal suo direttore generale Mati Dan verso le istituzioni locali, fra cui la municipalità di Gerusalemme, per “indebolire” la posizione dei cristiani. La causa intentata in tribunale da Ateret Cohanim si baserebbe proprio su questi “documenti contraffatti” o “falsificati”; inoltre, nel 2004 la stessa associazione avrebbe corrotto un funzionario del patriarcato [tale Nicholas Papadimas] per ottenere false prove inerenti la cessione delle proprietà. 

A dispetto dell’onerosità che richiedono le cause in tribunale, a livello economico e di tempo, il patriarcato considera la città vecchia di Gerusalemme una “linea rossa” e il “cuore del cristianesimo”, per questo intende “difendere i principi, reclamando le sue proprietà”. Un obiettivo da raggiungere “per via diplomatica o giudiziale” e “in collaborazione” con quanti intendono davvero “promuovere la pace e la convivenza” nella regione. Da qui, conclude la nota, la decisione di “depositare una nuova azione legale” contro Ateret Cohanim e ottenere un “ribaltamento” della decisione dei giudici della Corte suprema.