Manifestanti in piazza contro gli aumenti. Khamenei: ‘teppisti’ dall’esterno

A Teheran e in diversi centri si susseguono proteste contro il razionamento del carburante e l’aumento dei prezzi. Negli scontri morta almeno una persona. Il leader supremo attacca controrivoluzionari e nemici dell’Iran. La solidarietà di Washington che parla di “proteste pacifiche contro il regime”. 


Teheran (AsiaNews/Agenzie) - Il leader supremo iraniano, l’ayatollah Ali Khamenei, attacca i manifestanti scesi in piazza in diverse città del Paese nei giorni scorsi, per protestare contro l’aumento dei prezzi del carburante. Un provvedimento preso dal governo per contrastare gli effetti delle sanzioni statunitensi e della conseguente crisi economica, che gode del sostegno della massima carica religiosa della Repubblica islamica.

Secondo le nuove misure, ciascun automobilista può acquistare un massimo di 60 litri di gasolio al mese, ad un prezzo di 0,13 dollari al litro (15mila rials). Ogni litro aggiuntivo costerà il doppio rispetto al prezzo base. In passato era possibile comprare fino a 250 litri al mese ad un prezzo di 10mila rials.

In un discorso trasmesso dalla tv di Stato, Khamenei ha affermato che “qualcuno può essere preoccupato dalla decisione [di aumentare i prezzi] … ma i sabotaggi e gli incendi sono opera di teppisti [fomentati dall’esterno], non del nostro popolo”. Controrivoluzionari e nemici dell’Iran, ha aggiunto, “sostengono da sempre manomissioni e violazioni alla sicurezza, e continuano a farlo”.

Purtroppo, ha concluso il leader supremo, “sono sorti alcuni problemi, un certo numero di persone ha perso la vita e alcuni centri sono andati distrutti”. 

Fonti ufficiali riferiscono che nelle violenze legate alle proteste di piazza sarebbe morta una persona; tuttavia, il numero reale delle vittime potrebbe essere maggiore. Le autorità minacciano risposte ancora più dure se le azioni “illegali” dovessero continuare. 

Le proteste sono divampate il 15 novembre scorso, in seguito alla decisione inaspettata del governo di razionare il petrolio e di togliere i sussidi, innescando una impennata nei prezzi che è arrivata in alcuni casi al 50%. Dietro gli aumenti nel carburante, la scelta del presidente Usa Donald Trump nel maggio 2018 di ritirarsi dall’accordo nucleare (Jcpoa) del 2015 e introdurre le più dure sanzioni della storia, che hanno colpito la popolazione e innescando una gravissima crisi economica.

Scontri e violenze si sono poi susseguiti anche il giorno successivo a Teheran e in decine di altre città. Le autorità giustificano l’aumento nei prezzi con la necessità di raccogliere fondi pari a 2,55 miliardi di dollari all’anno per sussidi destinate a 18 milioni di famiglie povere e per alimentare le casse di 60 milioni di iraniani. 

Un gruppo di parlamentari iraniani stava preparando una mozione per convincere il governo a rivedere gli aumenti. Tuttavia, essi hanno ritirato l’iniziativa dopo il sostegno manifestato dalla guida suprema. Sulle proteste è intervenuta anche l’intelligence precisando che i leader della protesta “sono stati individuati” e verranno presi “provvedimenti appropriati”. “Le persone - ha commentato il presidente iraniano Hassan Rouhani - hanno il diritto di manifestare. Ma questo non significa commettere violenze. Non possiamo permettere che si diffonda l’insicurezza”. 

Fonti locali parlano di un generale ritorno alla calma. In realtà, diversi video diffusi in rete mostrano che le manifestazioni proseguono sia a Teheran che in diversi altri centri, anche se non vi sono conferme indipendenti sull’autenticità dei filmati. Peraltro, le autorità hanno limitato l’accesso a internet per ostacolare le comunicazioni: l’osservatorio internazionale della rete NetBlocks parla di una connettività ieri che è precipitata al 5% rispetto alla normalità. 

Il governo degli Stati Uniti mostra solidarietà coi manifestanti, parlando di “proteste pacifiche contro il regime”. Immediata la replica di Teheran, secondo cui queste affermazioni “interventiste” esprimono la vicinanza di Washington “a un gruppo di facinorosi”. Il popolo iraniano, conclude la nota, sa che “queste parole ipocrite non si traducono in una vera solidarietà”.