​Papa in Giappone: la Chiesa ‘ospedale da campo’ che offre riconciliazione e perdono

Dialogo, solidarietà e ripensamento di una società condizionata dall’arrivismo sono stati i temi centrali del pomeriggio della penultima giornata della visita di papa Francesco in Giappone, scandita dalla celebrazione della messa al Tokyo Dome, davanti a oltre 50mila persone, dalla visita al primo ministro e dall’incontro con le autorità politiche, civili e religiose del Paese.


Tokio (AsiaNews) – La Chiesa come un “ospedale da campo, preparato per curare le ferite e offrire sempre un cammino di riconciliazione e di perdono” per una difesa della vita e del creato che chiede anche di “affrontare la questione nucleare a livello multilaterale, promuovendo un processo politico e istituzionale in grado di creare un consenso e un’azione internazionali più ampi”.

Dialogo, solidarietà e ripensamento di una società condizionata dall’arrivismo sono stati i temi centrali del pomeriggio della penultima giornata della visita di papa Francesco in Giappone, scandita dalla celebrazione della messa al Tokyo Dome, davanti a oltre 50mila persone (nella foto), dalla visita al primo ministro e dall’incontro con le autorità politiche, civili e religiose del Paese.

In un Paese fortemente segnato dal consumismo, ha detto all’omelia, “casa, scuola e comunità, destinate ad essere luoghi dove ognuno sostiene e aiuta gli altri, si stanno sempre più deteriorando a causa dell’eccesiva competizione nella ricerca del guadagno e dell’efficienza. Molte persone si sentono confuse e inquiete, sono oppresse dalle troppe esigenze e preoccupazioni che tolgono loro la pace e l’equilibrio. Come balsamo risanatore suonano le parole di Gesù che ci invitano a non agitarci e ad avere fiducia. Tre volte con insistenza ci dice: Non angustiatevi per la vostra vita… per il domani. Questo non è un invito a ignorare quanto succede intorno a noi o a diventare sconsiderati verso le nostre occupazioni e responsabilità quotidiane; anzi, al contrario, è una provocazione ad aprire le nostre priorità a un orizzonte di senso più ampio e così a creare spazio per guardare nella sua stessa direzione: «Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6,33)”.

“Il Signore non ci dice che le necessità di base, come il cibo e i vestiti, non siano importanti; ci invita, piuttosto, a riconsiderare le nostre scelte quotidiane per non restare intrappolati o isolati nella ricerca del successo ad ogni costo, anche a costo della vita. Gli atteggiamenti mondani, che cercano e perseguono solo il proprio tornaconto o beneficio in questo mondo, e l’egoismo che pretende la felicità individuale, in realtà ci rendono solo sottilmente infelici e schiavi, oltre ad ostacolare lo sviluppo di una società veramente armoniosa e umana. L’opposto di un ‘io’ isolato, segregato e persino soffocato può solo essere un ‘noi’ condiviso, celebrato e comunicato”.

“Siamo chiamati ad essere una comunità che sviluppi una pedagogia capace di dare il «benvenuto a tutto ciò che non è perfetto, a tutto quello che non è puro né distillato, ma non per questo è meno degno di amore. Forse che qualcuno per il fatto di essere disabile o fragile non è degno d’amore?”. Gesù “ha abbracciato il lebbroso, il cieco e il paralitico, ha abbracciato il fariseo e il peccatore. Ha abbracciato il ladro sulla croce e ha abbracciato e perdonato persino quelli che lo stavano mettendo in croce”. “L’annuncio del Vangelo della Vita ci spinge ed esige da noi, come comunità, che diventiamo un ospedale da campo, preparato per curare le ferite e offrire sempre un cammino di riconciliazione e di perdono. Perché per il cristiano l’unica misura possibile con cui giudicare ogni persona e ogni situazione è quella della compassione del Padre per tutti i suoi figli. Uniti al Signore, cooperando e dialogando sempre con tutti gli uomini e le donne di buona volontà e anche con quelli di diverse convinzioni religiose, possiamo trasformarci in lievito profetico di una società che sempre più protegga e si prenda cura di ogni vita”.

Dialogo, pace, solidarietà a livello internazionale e difesa della “casa comune” ivi compresa l’ecologia umana sono stati poi i temi affrontati da Francesco nell’incontro con gli esponenti politici e sociali, seguito alla visita privata al Primo ministro Shinzō Abe.

In un discorso nel quale ha in certo modo ripercorso i momenti della visita in Giappone, Francesco, ricordando le tappe di Nagasaki e Hiroshima, ha detto che “la storia ci insegna che i conflitti tra popoli e nazioni, anche i più gravi, possono trovare soluzioni valide solo attraverso il dialogo, l’unica arma degna dell’essere umano e capace di garantire una pace duratura. Sono convinto della necessità di affrontare la questione nucleare a livello multilaterale, promuovendo un processo politico e istituzionale in grado di creare un consenso e un’azione internazionali più ampi”.

Altro tema, la protezione della “casa comune”, “soggetta non solo ai disastri naturali ma anche all’avidità, allo sfruttamento e alla devastazione per mano dell’uomo. Quando la comunità internazionale ha difficoltà a rispettare i propri impegni per proteggere il creato, sono i giovani che, sempre più, parlano ed esigono decisioni coraggiose. Ci sfidano a considerare il mondo non come un possesso da sfruttare, ma come una preziosa eredità da trasmettere”.

La protezione della casa comune, ha aggiunto Francesco, “deve considerare anche l’ecologia umana. Un impegno per la protezione significa affrontare il crescente divario tra ricchi e poveri, in un sistema economico globale che consente a pochi privilegiati di vivere nell’opulenza mentre la maggioranza della popolazione mondiale vive nella povertà”.

“La dignità umana dev’essere al centro di ogni attività sociale, economica e politica; occorre promuovere la solidarietà intergenerazionale e, a tutti i livelli della vita comunitaria, bisogna dimostrare preoccupazione per coloro che sono dimenticati ed esclusi. Penso in particolare ai giovani, che spesso si sentono oppressi di fronte alle difficoltà della crescita, e anche alle persone anziane e sole che soffrono di isolamento”. “Sappiamo – ha concluso - che, alla fine, la civiltà di una nazione o di un popolo non si misura dal suo potere economico ma dall’attenzione che dedica ai bisognosi, come pure dalla capacità di diventare fecondi e promotori di vita”.