La ricostruzione avanza, ma resta la paura dello tsunami
di Weena Kowitwanij

Il sostegno psicologico e la vicinanza ai sopravvissuti della tragedia rimane uno dei compiti primari. Fra i risultati: una fede più forte e una collaborazione più intensa fra le religioni.


Phuket (AsiaNews) - A 12 mesi dalla devastazione causata dallo tsunami i thailandesi possono dire di essere tornati a una vita normale: i pescatori sono in mare, i bambini a scuola e molte famiglie hanno una sistemazione permanente. Ma il lavoro non è finito.

La Chiesa e i volontari delle Ong internazionali incoraggiano i sopravvissuti a intraprendere attività che li rendano indipendenti economicamente; interi villaggi hanno dovuto spostarsi e cambiare stile di vita; la gente ha paura nonostante i nuovi sistemi di allarme; il sostegno psicologico continua ad essere una prima necessità e secondo gli esperti lo sarà ancora per molti anni.

Operatori impegnati nei soccorsi e esponenti della Chiesa cattolica locale raccontano che a un anno dallo tsunami è tangibile un rafforzamento della fede e della collaborazione tra le comunità religiose. P. John Bosco Suwat Luangsaard, direttore del centro pastorale di Phanggnga, racconta come il  disastro del 26 dicembre 2004 non ha intaccato la fede dei cattolici.

Una famiglia a Taplamu ha detto: "Con lo tsunami abbiamo perso tutto, casa e barca con cui lavoravamo, non ci è rimasto nient'altro che la fede nella Madonna. Dopo l'onda ci diamo seduti e abbiamo iniziato a recitare il rosario, così ci hanno trovato le suore e i sacerdoti che ci hanno poi aiutato". Ma nell'emergenza la Chiesa si è rivolta da subito a tutti, senza distinzioni di credo. "Sono sacerdote per tutti – spiega p. Luangsaard – la Chiesa cattolica si rivolge all'intera società".

Mons. Joseph Prathan Sridarunsil, vescovo di Surat Thani, la diocesi più colpita, ricorda che "gli aiuti  per le vittime della provincia di Phuket sono cominciati lo stesso 26 dicembre e sono andati avanti fino ad oggi grazie alla collaborazione della Conferenza episcopale thailandese, con Caritas internationalis e la Fondazione cattolica di Surat Thani". Secondo i dati forniti dal presule, più di 1.600 famiglie a Phuket e nella provincia di Ranong (circa l'80% del totale previsto) hanno ricevuto gli aiuti stabiliti. "Ci aspettiamo di completare tutto entro febbraio 2006" ha aggiunto.

Anche la ricostruzione finanziata dal governo sembra aver portato buoni risultati. Maitri Chongkraichuck, direttore per i progetti del centro di coordinamento governativo a Phangnga, fa presente che "lo Stato ha dato al villaggio di Baan Namkhem, un prestito per costruire 106 abitazioni". Gli abitanti hanno discusso sul progetto per la loro casa e l'hanno costruita con la supervisione di esperti mandati dal governo". "Il governo, inoltre, ha dato a ognuno 100 dollari americani per avviare un'attività propria" spiega Sathien Phetkleang, il capo villaggio. Attivati anche numerosi centri per l'istruzione professionale. Le casalinghe imparano a cucire, produrre stoffe batik e fare cesti di bambù. Stessa iniziativa anche quella della Chiesa a Krabi.

Il nunzio, mons. Salvatore Pennacchio, ha presieduto di recente ad una messa per l'apertura di un centro per l'istruzione professionale destinato alle vittime dello tsunami. Qui si insegna alle donne a fabbricare fiori artificiali, produrre olio di cocco e pasta di gamberetti per la cucina. A Phuket, p. Bancha Apichartvorakul, direttore del Centro pastorale, riferisce che gli aiuti cattolici finanziano progetti per l'istruzione dei bambini, la costruzione di barche e fornitura di equipaggiamento per la pesca.

Il vescovo di Surat Thani ha spiegato che "l'obiettivo principale degli interventi ora è come aiutare gli abitanti a guadagnarsi da vivere in modo dignitoso rispettandosi al di là dell'appartenenza religiosa o etnica". Il presule racconta che proprio la fratellanza tra i volontari buddisti, cattolici e musulmani è quello che più ha colpito i sopravvissuti di molti villaggi, soprattutto nel subdistretto di Bangwan". Migliorati anche i rapporti tra le famiglie che hanno visto ritornare a casa molti dei loro membri che lavoravano nei resort turistici distrutti dal maremoto. "Ora – aggiunge mon. Sridarunsil – lavorano la terra nei loro luoghi di origine".

Il danno psicologico rimane forse il più difficile da riparare. Nel distretto di Phangnga il capo del villaggio, Sathien Phetkleang, racconta che anche se ora è attivo il sistema di allarme tsunami gli abitanti "non si fidano". Non si fidano neppure delle abitazioni consegnate loro dal governo: "Vorrebbero case più solide e allora le affittano ai birmani della zona e cercano sistemazione in più luoghi più interni e sicuri". La signora Kawnmuang, un'insegnate di Phuket, ha detto di tenere la sua auto parcheggiata sempre lungo la spiaggia a Patong "per essere pronta a scappare se arrivasse un'onda".