Dio nel coronavirus
di Bernardo Cervellera

La società mondiale colpita da un flagello simile alla peste del ‘300, del ‘600, al colera di due secoli fa, all’asiatica del secolo scorso. La scoperta della nostra impotenza e paura della morte. L’apocalisse e la fuga. Per molti cristiani in Asia non si tratta di fuggire: essi hanno trovato Dio nel coronavirus. I poteri politici vedono Dio come un nemico (in Cina), o come un inutile ingombro (in occidente).Dio è l'alleato migliore.


Roma (AsiaNews) - Gli aggiornamenti in tempo reale che diversi media offrono sulla diffusione del nuovo coronavirus Covid-19 accrescono l’angoscia in molte persone in Asia, in Italia e nel mondo. Quando l’epidemia si è rivelata in Cina e ad Hong Kong, siamo rimasti sbalorditi nel vedere la corsa a possedere mascherine chirurgiche, l’incetta di cibi non deperibili nei supermercati fino a svuotarli, le espressioni di razzismo verso i cinesi. Poi le stesse cose si sono ripetute nel resto del mondo, via via che il virus si diffondeva alle diverse latitudini. Non avremmo mai pensato di poter assistere nel XXI secolo alla ripresentazione di una società mondiale colpita da un flagello così sfuggente e tenace: pensavamo fossero cose che ormai si leggevano solo sui libri di storia: la peste del ‘300 e del ‘600, il colera di due secoli fa, l’asiatica del secolo scorso.

Noi che viviamo in un mondo dove scienza e tecnica ci garantiscono il benessere e offrono la soluzione per ogni minimo dolore, ci siamo accorti che essi non sono onnipotenti e che la fantasia della natura sorpassa di continuo le nostre capacità di controllo. Mentre diversi laboratori – spinti dalla voglia di capitalizzare sulla malattia - promettono che in poche settimane ci sarà la medicina che debella il male, gli studiosi più seri ammettono che ci vorrà forse un anno prima di trovare un vaccino. Intanto, in questo lasso di tempo ci saranno ancora morti, ancora infetti, ancora paure.

Il modo scomposto e spesso violento con cui la gente reagisce all’angoscia è un chiaro frutto della scoperta della nostra impotenza e paura della morte. Per calmarci ci vorrebbe qualcuno più potente del virus, più capace dei dottori, più capace di garantirci la vita. Ci vorrebbe Dio.

Ma proprio questo Dio, il riferimento a un assoluto garante di senso all’attesa e alla malattia, sembra quanto di più lontano vi sia nel nostro mondo contemporaneo. Insieme a Dio, fonte della vita, saremmo più sicuri nell’attraversare la morte, più coraggiosi nello stare vicino a chi soffre, più solerti e umili nella ricerca del famoso vaccino.

C’entra qualcosa con Dio questa epidemia e questo coronavirus? Come nelle epoche passate, qua e là sorgono predicatori apocalittici, per i quali l’epidemia è ormai l’ultimo capitolo della fine del mondo, l’ultimo strale nelle mani di un Dio vendicatore contro l’uomo intelligente, ma superbo.

Per molti, allora, l’unica salvezza è fuggire: lontano dalla società, in qualche rifugio atomico, su qualche montagna, come se ci si potesse salvare e vivere da soli, mentre il mondo viene sconquassato.

Per molti cristiani in Asia non si tratta di fuggire: essi hanno trovato Dio nel coronavirus. Vi sono persone a Hong Kong che invece di preoccuparsi di trovare mascherine per sé, si preoccupano di acquistarle e distribuirle ai vecchi del proprio quartiere, impossibilitati a muoversi. Anche i lunghi periodi di isolamento in casa sono divenuti un’occasione di silenzio e di preghiera, riscoprendo quell’umiltà vicina a Dio che la frenesia di onnipotenza aveva quasi cancellato.

Perfino in Cina, dove il governo ha decretato la chiusura a tempo indeterminato delle chiese, i fedeli si ingegnano nel far memoria del Signore e trasformano i loro salotti in case di preghiera con la bibbia esposta, dei fiori, un crocifisso. E anche se il potere vieta attività religiose in luoghi non registrati – come sono le abitazioni private – le famiglie si incontrano unite, insieme ai loro figli a chiedere misericordia per loro e per il Paese. E lo fanno insieme ai loro bambini, ai quali il governo in tempi normali vieta la partecipazione alla messa.

I poteri politici del mondo, da quello cinese a quello italiano, cercano di mostrarsi adeguati, sicuri, capaci di debellare la minaccia che incombe sui loro popoli. Essi tengono aperte le fabbriche, i centri commerciali, ma non le chiese, temendo di dover confessare davanti a Dio e alla gente la loro approssimazione. Essi vedono Dio come un nemico (in Cina), o come un inutile ingombro (in occidente). E invece Egli è l’alleato migliore in questi tempi amari: per creare solidarietà fra le persone, ora che la crisi economica ci travolge; per curare con dignità il giovane e il vecchio; per sperare in una vita senza fine, ora che ci accorgiamo di non esserne i padroni.