Ocse: il crollo del Pil cinese colpirà l'economia globale

A causa del coronavirus, l’economia cinese crescerà sotto il 5% nel 2020. Quella globale perderà mezzo punto percentuale. Giappone, Corea del Sud e Australia le più danneggiate dalle difficoltà di Pechino. Borse mondiali tra cadute e recuperi. La Cina punta sulle infrastrutture, ma potrebbe essere un errore.


Parigi (AsiaNews/Agenzie) – Secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), la crescita economica globale rallenterà al 2,4% nel 2020, con possibilità che sia negativa nel primo trimestre. La forte contrazione dell’economia cinese dovuta al diffondersi del coronavirus di Wuhan (Covid-19) porterà a una perdita del Pil globale dello 0,5%.

Giappone, Corea del Sud e Australia sono i Paesi più a rischio, data la loro interdipendenza commerciale con Pechino. Se il prodotto interno lordo cinese dovesse crescere solo del 4,9% quest’anno (dal 6,1% del 2019), quello di Seoul si fermerebbe al 2%; Tokyo dovrà invece fare i conti con una crescita nulla.

I numeri potrebbero anche peggiorare se la crisi epidemica non verrà risolta in tempi rapidi. Il propagarsi dell’infezione polmonare ha intaccato la fiducia degli investitori, danneggiato in modo grave il settore dei trasporti internazionali e indebolito la catena del valore globale.

L’Ocse segnala i pericoli per i mercati azionari, che procedono tra cadute e riprese da un mese a questa parte. Dopo le pesanti perdite della scorsa settimana, la risalita di Wall Street ha riportato quasi tutte le borse asiatiche in territorio positivo. La disponibilità delle banche centrali delle principali economie a stimolare la produzione ha favorito la ripresa di questi giorni.

Per avere un quadro più preciso dell’andamento futuro, gli analisti attendono le prossime mosse del governo cinese. L’orientamento di Pechino è quello di continuare con forti iniezioni di liquidità (oltre 1000 miliardi di yuan sono stati stanziati al momento) e un piano di investimenti infrastrutturali. È stato riportato che 31 province cinesi hanno presentato progetti di sviluppo per un totale di 3,500 miliardi di yuan (450 miliardi di euro) nel solo 2020. Le imprese locali suggeriscono che questa massa di liquidità sia investita in settori chiave, quali reti 5G, intelligenza artificiale, città intelligenti, “Internet delle cose”, educazione e sanità.

Nel 2008, per rispondere alla crisi dei mutui ipotecari negli Usa, Pechino adottò un pacchetto di spese in infrastrutture pari a 4000 miliardi di yuan (515 miliardi di euro). Per alcuni osservatori sarebbe un errore ripetere tale strategia, considerato che il debito (pubblico e privato) del Paese ha sfondato il 300% del Pil lo scorso anno. A detta loro, il problema attuale in Cina non è la mancanza della domanda interna, ma il crollo della produzione.