Papa: coronavirus, grazie al personale medico, ai volontari, a coloro che pregano

Udienza generale al tempo del coronavirus. “Affrontare ogni situazione, anche la più difficile, con fortezza, responsabilità e speranza”. L’epidemia non ci faccia dimenticare i “poveri siriani, che stanno soffrendo al confine tra Grecia e Turchia”. Perfino nella persona più corrotta c’è l’anelito per il bene.


Città del Vaticano (AsiaNews) – Ancora ammalati e sanitari nel pensiero di papa Francesco che, al termine dell’udienza generale, ha anche ringraziato tutti i cristiani che “pregano per questo momento”. E ancora un pensiero per la Siria e per quanti sono fermi al confine tra Turchia e Grecia.

Udienza generale ai tempi del coronavirus: vuota piazza san Pietro, nessuno nell’aula Paolo VI. Vuoti anche i grandi schermi sulla piazza, per evitare assembramenti. Solo 10 persone – sacerdoti - nella biblioteca privata del Papa (nella foto di Vatican News) che nella sua riflessione riprende il ciclo di catechesi sulle Beatitudini, incentrando la sua meditazione sulla quarta: «Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia perché saranno saziati» (Mt 5,6).

“Fame e sete – dice Francesco - sono bisogni primari, riguardano la sopravvivenza. Questo va sottolineato: qui non si tratta di un desiderio generico, ma di un’esigenza vitale e quotidiana, come il nutrimento. Ma cosa significa avere fame e sete di giustizia? Non stiamo certo parlando di coloro che vogliono vendetta, anzi, nella beatitudine precedente abbiamo parlato di mitezza. Certamente le ingiustizie feriscono l’umanità; la società umana ha urgenza di equità, di verità e di giustizia sociale; ricordiamo che il male subito dalle donne e dagli uomini del mondo giunge fino al cuore di Dio Padre. Quale padre non soffrirebbe per il dolore dei suoi figli? Le Scritture parlano del dolore dei poveri e degli oppressi che Dio conosce e condivide. Per aver ascoltato il grido di oppressione elevato dai figli d’Israele – come racconta il libro dell’Esodo (cfr 3,7-10) – Dio è sceso a liberare il suo popolo”.

“Ma la fame e la sete della giustizia di cui ci parla il Signore è ancora più profonda del legittimo bisogno di giustizia umana che ogni uomo porta nel suo cuore. Nello stesso ‘discorso della montagna’, poco più avanti, Gesù parla di una giustizia più grande del diritto umano o della perfezione personale, dicendo: «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 5,20). È la giustizia che viene da Dio (cfr 1 Cor 1,30)”.

“Nelle Scritture troviamo espressa una sete più profonda di quella fisica, che è un desiderio posto alla radice del nostro essere”.  “In ogni cuore, perfino nella persona più corrotta e lontana dal bene – prosegue Francesco - è nascosto un anelito verso la luce, anche se si trova sotto macerie di inganni e di errori, ma c’è sempre la sete della verità e del bene, che è la sete di Dio. È lo Spirito Santo che suscita questa sete: è Lui l’acqua viva che ha plasmato la nostra polvere, è Lui il soffio creatore che le ha dato vita. Per questo la Chiesa è mandata ad annunciare a tutti la Parola di Dio, impregnata di Spirito Santo. Perché il Vangelo di Gesù Cristo è la più grande giustizia che si possa offrire al cuore dell’umanità, che ne ha un bisogno vitale, anche se non se ne rende conto. Ad esempio, quando un uomo e una donna si sposano hanno l’intenzione di fare qualcosa di grande e bello, e se conservano viva questa sete troveranno sempre la strada per andare avanti, in mezzo ai problemi, con l’aiuto della Grazia”.

“Anche i giovani hanno questa fame, e non la devono perdere! Bisogna proteggere e alimentare nel cuore dei bambini quel desiderio di amore, di tenerezza, di accoglienza che esprimono nei loro slanci sinceri e luminosi. Ogni persona è chiamata a riscoprire cosa conta veramente, di cosa ha veramente bisogno, cosa fa vivere bene e, nello stesso tempo, cosa sia secondario, e di cosa si possa tranquillamente fare a meno. Gesù annuncia in questa beatitudine che c’è una sete che non sarà delusa; una sete che, se assecondata, sarà saziata e andrà sempre a buon fine, perché corrisponde al cuore stesso di Dio, al suo Santo Spirito che è amore”.

Nel saluto agli italiani, infine, l’incoraggiamento “ad affrontare ogni situazione, anche la più difficile, con fortezza, responsabilità e speranza”. E il pensiero per i malati, per coloro che li curano, per i siriani. “In questo momento – le parole del Papa - vorrei rivolgermi a tutti gli ammalati che hanno il virus e che soffrono la malattia, e ai tanti che soffrono incertezze sulle proprie malattie. Ringrazio di cuore il personale ospedaliero, i medici, le infermiere e gli infermieri, i volontari che in questo momento tanto difficile sono accanto alle persone che soffrono. Ringrazio tutti i cristiani, tutti gli uomini e le donne di buona volontà che pregano per questo momento, tutti uniti, qualsiasi sia la tradizione religiosa alla quale appartengono. Grazie di cuore per questo sforzo”.

“Ma non vorrei che questo dolore, questa epidemia tanto forte ci faccia dimenticare i poveri siriani, che stanno soffrendo al confine tra Grecia e Turchia: un popolo sofferente da anni. Devono fuggire dalla guerra, dalla fame, dalle malattie. Non dimentichiamo i fratelli e le sorelle, tanti bambini, che stanno soffrendo lì”.