Sacerdote egiziano: cristiani e musulmani uniti contro il virus

Per p. Rafic l’emergenza innescata dalla pandemia “sta avvicinando” le due comunità. Le famiglie si telefonano, i giovani portano medicine e aiuti agli anziani. Gli interventi del governo per arginare la diffusione. Con le chiese (e moschee) chiuse, internet e i social diventano un canale per mantenere vivi i legami e seguire le celebrazioni.


Il Cairo (AsiaNews) - L’emergenza coronavirus in Egitto “sta avvicinando sempre più cristiani e musulmani”, che si riscoprono “più uniti contro questo virus. I vicini si cercano, le famiglie si telefonano e si domandano come stanno”. È quanto racconta ad AsiaNews p. Rafic Greiche, presidente del Comitato dei media del Consiglio delle Chiese d’Egitto, secondo cui nella pandemia gli abitanti hanno riscoperto il valore della vicinanza e della solidarietà.  “I giovani cristiani e musulmani - prosegue il sacerdote - portano medicine agli anziani, visitano le case delle famiglie bisognose per portare un aiuto”.

Con il pensiero rivolto all’inizio delle celebrazioni della Settimana Santa in Egitto, previste per il 13 aprile “con sette giorni di ritardo rispetto alla Chiesa latina” precisa p. Rafic, i fedeli delle diverse confessioni “hanno rafforzato la socialità e stretto nuove relazioni”. Una rinnovata unità che abbraccia i musulmani, supera le violenze del passato e si rivela essenziale per contrastare un virus che ha sinora contagiato 1699 persone, causato 118 vittime mentre sono 305 i guariti. 

“Il governo egiziano - racconta il sacerdote - sta affrontando la crisi in maniera risoluta. A due giorni dall’annuncio della pandemia la ministra della Sanità è andata in Cina per studiare i metodi usati per contrastare la pandemia. Siamo alla quinta settimana di coprifuoco, i militari hanno allestito ospedali da campo e i contagi, al momento, sono limitati”

Al sorgere dei primi casi, oltre al coprifuoco le autorità del Cairo hanno imposto la chiusura dei luoghi di culto. In vista del Ramadan, il mese sacro di digiuno e preghiera, restano vietati gli assembramenti pubblici, anche di carattere religioso, e resteranno in vigore le misure di distanziamento sociale e il divieto di attività all’aperto. Sospesi fino al 90% i grandi progetti infrastrutturali, anche a causa di focolai di contagio emersi fra gli operai del settore.

In linea di massima la popolazione rispetta le regole. “Ci sono - spiega il sacerdote - tre categorie: le persone educate, e spaventate dal coronavirus, che rispettano i dettami; i più poveri che non ne sanno nulla, ma tendono a seguire le istruzioni partendo dall’igiene personale e dal lavarsi con frequenza le mani; infine i lavoratori, la classe media che cercano per quanto possibile di sfruttare internet e lo smart-working”. 

In Egitto, prosegue p. Rafic, “ogni giorno preghiamo e celebriamo la messa, anche se le chiese sono chiuse. Trasmettiamo le celebrazioni via internet e abbiamo un seguito notevole anche perché è una pratica consolidata da tempo. Da due anni diffondiamo le messe sui social - prosegue il sacerdote - per i migranti in Canada, Stati Uniti, Giappone e Australia. Sono appuntamenti seguiti anche dai giovani, studenti nelle università europee e nordamericane”. 

Sebbene le chiese siano vuote, afferma p. Rafic, sul piano spirituale “i miei occhi continuano a vedere le persone sedute al loro posto, come d’abitudine. Poi ci sono fedeli che vengono, soli, e chiedono di pregare”. Chiusi anche i luoghi di culto musulmani, ma dai minareti i muezzin cinque volte al giorno lanciano il richiamo alla preghiera e i canali tv trasmettono il rito per permettere alle persone di pregare da casa. 

Per le celebrazioni della Pasqua, i fedeli potranno seguire le sei televisioni vicine alla Chiesa copta ortodossa, poi vi è un canale multiconfessionale, l’emittente cristiana libanese Nursat e un altro canale che trasmette le funzioni del papa. Al momento non è dato sapere se la tv di Stato egiziana trasmetterà la messa di Pasqua. “Ogni giorno qualche fedele viene in chiesa, prega e mette una candela, chiede di confessarsi, di ricevere la comunione. Per molti è una sofferenza non poter venire in parrocchia - conclude il sacerdote - ma per far sentire loro la nostra vicinanza ogni giorno chiamo 10/15 famiglie, prego con loro e le invito a seguire le celebrazioni sui social network”.