Coronavirus: l’export cinese cala del 6,6% in marzo

Nei primi due mesi del 2020 le esportazioni erano crollate di oltre il 17%. Il 70% delle imprese cinesi ha riavviato la produzione, ma mancano gli ordinativi dall’estero. Calano anche le importazioni. I consumi nel Paese non decollano. Persi fino a 250 milioni di posti di lavoro


Pechino (AsiaNews/Agenzie) – L’export cinese registra un calo del 6,6% in marzo, rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Nei primi due mesi dell’anno era stato del 17,2%,  quando il Paese si trovava a fronteggiare il picco dell’infezione di  coronavirus e la produzione manifatturiera era stata arrestata per effetto della quarantena. Ora il 70% delle imprese è tornato in attività, ma gli ordinativi dall’estero, soprattutto dagli Stati Uniti e l’Europa, i fronti più caldi della crisi pandemica, sono crollati: un problema per un’economia orientata all’export come quella cinese.

Ma il crollo delle domanda estera riguarda pure gli acquirenti asiatici. Le importazioni in Corea del Sud sono scese del 13% nei primi dieci giorni di Aprile. La Cina è il primo partner commerciale di Seoul, che in media acquista 97 miliardi di euro in prodotti cinesi.

Pechino ha visto anche una riduzione nelle importazioni (-0,9%). I consumi nel Paese non decollano, e le aziende non producono al massimo del loro potenziale. Secondo diversi osservatori, nel primo trimestre del 2020 si sono persi fino a 250 milioni di posti di lavoro in Cina – a febbraio il tasso di disoccupazione ha toccato il 6,2%.

Si calcola che entro fine anno potrebbero essere oltre 10 milioni i disoccupati nelle industrie esportatrici In termini reali, il dato potrebbe essere anche peggiore, visto che nelle statistiche ufficiali non è conteggiata la maggior parte dei 300 milioni di lavoratori migranti impiegati nell’industria.