Oltre 40 personalità del mondo sciita libanese contro le violenze promosse lo scorso fine settimana dai militanti dei due partiti. Una politica “meschina” che si nutre di “divisioni e discordie”. I partiti al potere “paralizzati” di fronte al rischio carestia e collasso economico.
Beirut (AsiaNews/LOJ) - Un gruppo di intellettuali sciiti ha pubblicato il 9 giugno scorso un comunicato sottoscritto da 43 personalità di primo piano, per denunciare gli slogan settari lanciati dai partigiani di Hezbollah e Amal durante gli scontri con i manifestanti di piazza dei Martiri. Il riferimento è agli scontri di sabato 6 giugno, nel contesto delle proteste promosse da cittadini e gruppi attivisti contro l’attuale governo.
I firmatari affermano che il comportamento settario si inscrive nel contesto di una “politica meschina che si nutre di divisioni e di discordie”, e riaffermano il sostegno al movimento di rivolta del 17 ottobre e il loro attaccamento al “cambiamento in vista della costruzione di uno Stato di diritto”.
Il documento è intitolato “La cultura sciita si oppone all’ingiustizia e alla corruzione e invoca uno Stato civile, democratico e giusto”. I firmatari puntualizzano fin dalle prime battute che uno dei principali risultati della protesta del 17 ottobre è che “i libanesi sono scesi in piazza, guidati solo dalla loro comune appartenenza alla nazione”. I cittadini, prosegue il documento, hanno rifiutato “di essere confinati in catene confessionali e uniti di fronte a un potere che ha sempre investito nella sua influenza comunitaria per consolidare la corruzione e il clientelismo e indebolire lo Stato”.
Ricordando che “i tentativi di soffocare il movimento di rivolta era cominciati sin dai primi giorni e non si sono mai fermati”, i firmatari rilevano che gli incidenti del 6 giugno [gli scontri interconfessionali di piazza dei Martiri, di Tarik Jedidé e di Chiyah-Aïn el-Remmané] hanno messo in rilievo una politica che tende a bloccare i libanesi mediante catene confessionali e a reclutarli in prospettiva delle battaglie innescate da questa frammentazione.
“L’insistenza nello scandire lo slogan ‘sciiti, sciiti, sciiti’ da parte di fazioni organizzate e teleguidate - prosegue il documento - ha come solo obiettivo quello di provocare, con l’utilizzo fra gli altri di espressioni blasfeme”. “Questo comportamento deliberato riflette l’impasse nella quale si trovano i partiti al potere, paralizzati di fronte alla minaccia della carestia e del collasso economico. Esso rimanda al tempo stesso alla loro irresponsabilità nei confronti della società e dello Stato. Lo stallo è tale che questi partiti non esitano a fomentare discordia e usarla per preservare la loro egemonia e la corruzione” proseguono gli intellettuali sciiti, che ribadiscono il loro sostegno al movimento del 17 ottobre. Al tempo stesso essi riaffermano la loro “adesione alle prospettive di Stato civile e di coesistenza”.
Essi “stigmatizzano le politiche settarie e meschine che si nutrono di divisioni e discordie e si appellano ai libanesi perché restino impegnati al cambiamento per dar vita a uno Stato di diritto fondato sulla cittadinanza e la Costituzione”. “Avvertiamo forze che si stanno radicando nella generalizzazione della cultura delle divisioni, dell’isolazionismo e dell’arroganza e che investono nella demagogia e negli istinti confessionali. E le cui scelte sono suicide e riflettono il comportamento di quanti sono deboli nella religione, nel patriottismo e nello spirito” osservano i firmatari, prima di notare al tempo stesso che gli slogan branditi dai partigiani di Hezbollah e Amal lo scorso 6 giugno “sono contrari all’identità sciita araba libanese, così come all’identità islamica. Essi rappresentano - conclude il documento - una cultura provvisoria e vergognosa, che cerca di trasformare una comunità aperta, quella degli sciiti, in un gruppo chiuso a tutti i valori consolidati da tutti i suoi imam nel tempo, in particolare da Ali”.
Di seguito alcuni fra i firmatari del documento:
Assaad Haïdar, Ahmad Ayache - Giornalisti
Harès Sleiman - Docente universitario e analista politico
Habib Kercht - Politico e imprenditore
Hassan Hajje Hassan - Insegnante
Hussein Allaou - Attivista
Khalil Kazem Khalil - Ambasciatore in pensione
Charif Dirani - Medico, vive in Francia
Ali Sabri Hamadé - Ingegnere e politico
Ali Mohammad Hassan el-Amine - Editore di al-Janoubia, candidato alle ultime elezioni
Ali Beydoun, Ali Zeayter - Medici
Hajje Abbas Ismaïl - Già presidente della municipalità di Békaa
Ali Dirani - Ingegnere
Ghaleb Yaghi - Ex presidente della municipalità di Baalbeck
Karim Mroué - Analista politico e scrittore
Lina Hamdan - Attivista
Mona Fayad - Politologa e docente universitaria
Layal Mansour - Economista e docente universitaria
Lina Husseini - Attivista
Mona Ghandour Scrittrice, artista
Yassdine Chamass - Imprenditore
A questi si aggiungono diverse personalità della cultura, dell’insegnamento e appartenenti alle professioni liberali.