La missione della Chiesa indonesiana contro il traffico di minori
di Mathias Hariyadi

AsiaNews ha raccolto la testimonianza di suor Laurentina, della congregazione della Divina Provvidenza nella provincia di East Nusa Tenggara. Due giovani strappate al traffico e accudite per sette mesi. Il rifiuto degli studi e il ritorno al villaggio di origine. La carità più forte “della desolazione e del dispiacere”. 


Jakarta (AsiaNews) - La lotta contro il traffico illegale di vite umane, ancor più nel caso si tratti di minori di età, è una delle missioni primarie della Chiesa cattolica in Indonesia. Fra quanti combattono in prima linea, vi è suor Laurentina, della congregazione della Divina Provvidenza (Penyelenggaraan Ilahi, PI in lingua locale). Ella ha raccontato ad AsiaNews la sua opera quotidiana, che a volte riserva delusioni e fallimenti. 

Prova ne è quanto successo di recente, con due giovani strappate agli aguzzini. Per mesi curate dalle religiose, che hanno garantito loro anche la possibilità di studiare, esse sono fuggite poi per fare ritorno nella loro terra. Tuttavia, sottolinea suor Laurentina, “non abbiamo alcuna intenzione di abbandonare questa missione umanitaria”, che è poi anche “il mio incarico pastorale”. 

Il contesto degli abusi e dello sfruttamento, racconta la religiosa, è composto da due fattori: "Il sistema e la famiglia”. Il primo riguarda il traffico dei lavoratori migranti, anche minorenni, che è assai difficile da sradicare in un contesto di povertà diffusa. Il secondo è un altro elemento critico da affrontare, a causa della diffusa ignoranza che rende vittime e famiglie preda facile dei “bagarini”. 

Una situazione ben conosciuta dalla suora, che opera a Kupang, capoluogo della provincia di East Nusa Tenggara. Le due minori avevano trovato rifugio nel centro delle religiose nell’ottobre 2019, dietro disposizione delle autorità locali dopo essere state strappate a trafficanti senza scrupoli, nel corso di ispezioni di routine all’aeroporto locale. Ogni tre mesi, le Forze dell'ordine scoprono almeno un centinaio di migranti irregolari, maggiorenni e minorenni. “Quando mi hanno informata della vicenda - racconta suor Laurentina - mi sono precipitata all’aeroporto e mi sono fatta carico della sorte delle due giovani”.

Spesso le vittime non vogliono tornare nei villaggi di origine, nel timore di essere vittime delle ritorsioni e delle vendette di “bagarini e trafficanti”. Dopo aver vissuto sette mesi con le suore, le due giovani all’improvviso sono fuggite senza fornire spiegazioni. “Sono rimasta scioccata - commenta la religiosa - quando ho saputo della loro scomparsa”, anche perché “avevo trovato benefattori che avrebbero pagato i loro studi”. 

Dopo alcune indagini, la suora ha scoperto che le due ragazze erano tornate nel loro villaggio nativo ad Amfoang, a oltre 10 ore di macchina di distanza, attraverso un percorso impervio che prevede anche l’attraversamento di ponti e guadi pericolosi durante la stagione delle piogge. “Ci sono - sottolinea suor Laurentina - almeno 50 fiumi da attraversare fra Kupang e Amfoang”. Tuttavia, la religiosa non si è persa d’animo e si è messa in cammino, trovando un minivan che permettesse - non senza rischi e pericoli - di arrivare a destinazione, dopo aver pernottato in una parrocchia (Naikliu) sulla strada. 

Raggiunto il villaggio, dopo una ricerca estenuante e l’aiuto del locale capo, la suora è riuscita a trovare la casa di una delle due giovani. “Ho raccontato ai genitori - riferisce la suora - che la loro figlia era stata condotta in segreto in Malaysia per lavorare, a dispetto della minore età e della mancanza dei documenti”. Nonostante le rassicurazioni e le promesse di poter completare l’iter scolastico con la possibilità di costruirsi una vita migliore, la giovane e la sua amica non hanno voluto tornare a Kupang. “Mi spiace - afferma suor Laurentina - per la loro decisione. Le avevamo spronate a studiare, ma non ci siamo riusciti e ciò mi rattrista”. “Oggi la nostra missione - conclude la religiosa - non ha avuto esito positivo, ma non dobbiamo farci abbattere dalla desolazione e dal dispiacere”, anche perché le due giovani “sono tornate dai genitori” scampando alle maglie degli sfruttatori.