Dopo il Covid-19, le alluvioni: Il dramma di milioni di lavoratori migranti

Almeno 45 milioni di persone colpite dalle inondazioni, le più estese da decenni. China Labour Bulletin: Il governo trascura le aree rurali; lavoratori migranti costretti a rientrare nei propri villaggi per aiutare nei soccorsi. L’impoverimento delle famiglie a basso reddito. Studio: A maggio circa 20 milioni di poveri lavoratori ancora senza impiego.


Hong Kong (AsiaNews) – Come per la pandemia di coronavirus, i lavoratori migranti sono lo strato della popolazione in maggiore sofferenza per le alluvioni – le più estese da decenni – che stanno devastando la Cina, soprattutto le sue province centrali.

Il Servizio meteorologico nazionale ha diramato oggi un’allerta piogge per i prossimi giorni, segnalando inoltre l’arrivo di venti della forza di un uragano. Il ministero delle Risorse idriche ha dichiarato che le acque di 93 fiumi sono al di sopra del livello di pericolo, e che la diga delle Tre gole – la più grande del Paese – è monitorata in modo costante. Finora le inondazioni hanno colpito 45 milioni di persone (con 142 tra morti e feriti); i danni materiali si aggirano sui 160 miliardi di yuan (circa 20 miliardi di euro).

Come riportato dal China Labour Bulletin di Hong Kong, il governo cinese sta concentrando gli aiuti sulla popolazione delle grandi città; i centri più piccoli e le aree rurali sono lasciati a se stessi. In alcune zone, le piogge torrenziali hanno provocato piene che hanno sommerso fabbriche e negozi.

Per la mancanza di sostegno dai governanti, molti lavoratori migranti hanno fatto ritorno nei loro villaggi di origine per partecipare alle operazioni di salvataggio. Operai a basso salario (soprattutto donne), già impiegati in prima linea nelle attività di sanificazione per il Covid-19, sono stati reclutati poi per ripulire strade e abitazioni da rifiuti e detriti. Le autorità vogliono evitare l’esplosione di una nuova crisi sanitaria.

L’emergenza allagamenti rischia di rallentare la ripresa economica post-pandemia. Nonostante le statistiche ufficiali indichino una crescita del Pil del 3,2% nel secondo trimestre dell’anno, dopo il crollo del 6,8% registrato tra gennaio e marzo, la disoccupazione nel Paese rimane alta (5,7%). Ancora più grave è la perdita di potere d’acquisto delle famiglie. Nei primi sei mesi del 2020, il reddito pro-capite dei cinesi è calato dell’1,3%, e la spesa per abitante del 9,3%.

Secondo uno studio recente, tra i 30 e i 50 milioni di lavoratori migranti hanno perso il lavoro a fine marzo per il morbo polmonare. A metà maggio è probabile che circa 20 milioni di essi non siano stati richiamati, e quelli che hanno ritrovato un impiego lo hanno fatto per un salario minore. Per gli autori della ricerca, solo una minima parte dei disoccupati a basso reddito ha ricevuto sussidi o altre indennità statali.