Scontro frontale fra il patriarca Raï e i gruppi sciiti sul ministero delle Finanze

Il porporato attacca, senza nominarli, i gruppi che bloccano la formazione del nuovo esecutivo pretendendo il dicastero. Egli ricorda l’articolo 95 della Costituzione che sancisce parità fra cristiani e musulmani, ma “non assegna un ministero a una certa setta”. Replica il Consiglio superiore sciita: da un alto leader religioso “provocazioni confessionali”.


Beirut (AsiaNews/Agenzie) - In Libano si è consumato ieri un nuovo capitolo dello scontro fra il patriarca maronita, il card Beshara Raï, e le due principali fazioni sciite Hezbollah e Amal, sostenute dal Consiglio superiore sciita. Nell’omelia della messa domenicale il porporato, pur senza nominarli, ha attaccato i due gruppi che bloccano la formazione del nuovo governo pretendendo per loro il portafoglio delle Finanze. Egli si è rivolto al Primo Ministro incaricato Moustapha Adib esortandolo a proseguire le consultazioni per un esecutivo limitato nei numeri, di personalità indipendenti “e lasciare che l’iter parlamentare faccia il suo corso” in conformità alla Costituzione. 

Nella funzione celebrata alla chiesa di Notre-Dame d’Ilij a Mayfouk (diocesi di Jbeil), il card Beshara Raï è tornato sulla crisi politica attraversata dal Paese dei cedri, attaccando i due movimenti sciiti pur senza nominarli in modo aperto. Al contempo, il porporato ha lasciato aperta la possibilità - per il futuro - di una “revisione del sistema libanese, e della ripartizione delle prerogative e dei ruoli”. Un dibattito voluto dalla comunità sciita, ma che il patriarca maronita chiede sia svolto secondo due punti precisi, negati sinora da Amal ed Hezbollah: consacrare la neutralità del Libano; centralizzazione del porto e uso delle armi nelle mani dello Stato. 

Nella messa, dedicata alla memoria dei “martiri della resistenza libanese”, il card Raï ha ricordato la centralità dell’art. 95 della Costituzione, il quale “non assegna un ministero a una certa setta”. Al riguardo, egli domanda se un nuovo emendamento possa essere “imposto con la forza” come stanno cercando di fare le due fazioni sciite. Esso, spiega il porporato, “prevede solamente la parità fra cristiani e musulmani per la posizioni amministrative di primo piano”. “Questo articolo - aggiunge - è stato modificato di nascosto o la volontà di alcuni deve essere imposta con la forza? Questo è inaccettabile nel nostro sistema libanese”. 

Il capo della Chiesa maronita precisa infine di non volersi schierare e di non voler attaccare nessuna comunità, ma di lottare nella difesa dei principi ispiratori e nei valori dello Stato. La sua battaglia di principio è indirizzata contro quanti attentato alle norme e alla legalità stessa della nazione e alla collaborazione fra entità e gruppi diversi. L’obiettivo primario è quello di bloccare l’egemonia di un partito che vuole affermare il proprio potere, minando alla base l’autorità di uno Stato privato del suo potere decisionale e della stessa sovranità.

Alle parole del patriarca maronita non hanno replicato in modo diretto Amal ed Hezbollah, ma è intervenuto in loro sostegno il Consiglio superiore sciita, la più alta autorità religiosa della comunità, la quale si è limitata a criticare i riferimenti al ministero delle Finanze. In una nota diffusa nel pomeriggio di ieri, il Css critica le parole di “una grande autorità religiosa” contro la fazione sciita e “il deterioramento del suo discorso, impregnato di provocazioni confessionali e che deforma la verità”. Il porporato si sarebbe “piegato” ai dettami che arrivano dall’estero e finirebbero per essere “dannosi per il Paese”. “Se chiediamo - aggiunge la nota - che la comunità sciita mantenga il ministero delle Finanze, è per preservare il partenariato nazionale” nell’esecutivo. Il documento si conclude con un richiamo alla cittadinanza e la fine del settarismo: “Abbiamo chiesto e chiediamo - afferma - l’abolizione del confessionalismo politico e l’approvazione della cittadinanza come standard nell’azione politica, all’interno di uno Stato giusto basato sull’uguaglianza di diritti e doveri e che sia indipendente rispetto ai privilegi settari”.