Gli investimenti cinesi sono un rischio per l’America Latina
di Silvina Premat

Secondo Enrique Dussel Peters, un esperto economico, i Paesi della regione e Pechino non si conoscono, e ciò porta a squilibri nelle relazioni bilaterali. Tra il 2000 e il 2019, la Cina ha investito nell’area circa 135 miliardi di dollari. Il problema delle compagnie di Stato del gigante asiatico, che soffocano l’industria latinoamericana.


Buenos Aires (AsiaNews) – I danni economici che la pandemia lascerà in America Latina e nei Caraibi e la situazione “asincrona” della Cina stanno accrescendo l’attrazione dei Paesi della regione per gli investimenti miliardari cinesi. In questo contesto, un ricercatore messicano mette in guardia contro i rischi di una “reciproca ignoranza” che, come qualcuno che offre un banchetto senza conoscere bene il suo ospite principale, può generare conflitti bilaterali.

“Rispetto alle maggiori economie, la Cina sta vivendo un momento completamente asincrono”, spiega ad AsiaNews Enrique Dussel Peters, responsabile della Red Académica de América Latina y el Caribe sobre China (Alc-China), che negli ultimi quattro anni ha pubblicato un rapporto sui flussi d’investimento cinesi verso l'America Latina e i Caraibi.

“Mentre il prodotto interno lordo dell'America Latina diminuirà del 9% nel 2020, come indicato dalla Commissione Economica per l'America Latina e i Caraibi, e la povertà estrema aumenterà di quasi il 30% (da 67,7 milioni di persone in condizioni di povertà estrema nel 2019 a 96,2 milioni nel 2020), l'economia cinese sarà l'unica tra le prime dieci al mondo a mostrare una crescita del Pil.

Pechino vede crescere esportazioni e importazioni. Ciò si sta già facendo sentire in Argentina, Brasile, Paraguay e altri Paesi che esportano soia, carne, petrolio, gas, farina di pesce e prodotti di altro tipo. L’unica domanda in aumento è quella dalla Cina, osserva Dussel Peters.

Le statistiche di Alc-China sono di solito diverse da quelle ufficiali delle nazioni studiate: la rete accademica registra come investimenti cinesi anche quelli effettuati da aziende del gigante asiatico con sede in altri Stati. Tra il 2000 e il 2019, Pechino ha investito in America Latina e nei Caraibi circa 135 miliardi di dollari, generando un totale di 380mila posti di lavoro. Lo scorso anno l’ammontare è stato di circa 13 miliardi di dollari, lo 0,23% del Pil regionale.

Dussel Peters sottolinea che, sebbene "non tutto è bianco o nero", le relazioni bilaterali tra nazioni latinoamericane e Pechino sono caratterizzate da una reciproca ignoranza: “La Cina è il  secondo più grande investitore al mondo; alcuni Stati dell'America Latina trovano molto interessante attrarre fondi cinesi, sebbene essi non comprendano a fondo le caratteristiche specifiche di questi flussi di denaro".

Il ricercatore fa riferimento al fatto che oltre il 70% delle aziende cinesi che investono nella regione sono di proprietà statale, e questo ha implicazioni tecniche, economiche e politiche. "Se ci sono problemi con un’impresa cinese – dice Dussel Peters – ci saranno problemi con tutto il settore pubblico della potenza asiatica. Devi sapere chi stai invitando alla tua festa, perché altrimenti puoi avere una sorpresa". 

Secondo l’accademico, vi sono stati casi in Messico e Brasile in cui il fallimento di un progetto che vedeva il coinvolgimento di una compagnia pubblica cinese ha causato il congelamento dei rapporti bilaterali. Ciò ha avuto molteplici effetti in ambito finanziario, sportivo, culturale e accademico.

Da parte cinese vi è la scarsa conoscenza degli standard lavorativi e del mercato industriale latinoamericano, soprattutto da parte di alcune aziende che "solo cinque anni fa hanno cominciato a mettere il naso fuori dalla Cina". Tale situazione finisce per avvantaggiare Pechino e danneggiare i partner in America Latina.

Un'impresa cinese che investe ad esempio in una società di telecomunicazioni nella regione e non sa chi vi sviluppa il software, o dove acquistare l'hardware di cui ha bisogno, tenderà a comprarlo in Cina. Il risultato sarà una scarsa creazione di posti di lavoro e una limitata integrazione locale, nazionale o regionale.

Dussel Peters suggerisce che "la corresponsabilità è dei governi e delle organizzazioni imprenditoriali che promuovono l'integrazione con la Cina", perché "non si tratta solo di attrarre investimenti, ma anche di offrire un accompagnamento, cosa che spesso non si fa”. Egli nota che da questo atteggiamento possono arrivare brutte sorprese, “come pensare che i cinesi comprerebbero le viti nel mio Paese, per poi scoprire che giungono con una nave piena di questo prodotto, che fa fallire l'industria locale".