Le riforme di Xi Jinping: sospesa la quotazione in borsa di Ant Group

Il gigante del magnate Jack Ma non rispetta le nuove regole del governo sui servizi di microcredito online. Congelata così la più grande offerta pubblica iniziale della storia (39,7 miliardi di dollari). I timori degli operatori e i problemi per le piccole e medie imprese. Il nuovo piano quinquennale contiene aperture di mercato, ma l’orientamento del regime è per un maggiore statalismo.


Pechino (AsiaNews) – La sospensione della quotazione in borsa di Ant Group, la più grande della storia, fa emergere le contraddizioni dei piani economici della Cina, sempre meno orientati verso il libero mercato. Il 3 novembre, i listini di Hong Kong e Shanghai hanno congelato l’offerta pubblica iniziale della compagnia cinese, leader nei servizi di pagamento e microcredito online. Motivo: il business di Ant Group non rispetta i nuovi regolamenti governativi sulla concessioni di micro-finanziamenti attraverso piattaforme web. La normativa è stata annunciata il 2 novembre per preservare la sicurezza finanziaria del Paese e “proteggere i dati personali dei privati” e delle imprese che si rivolgono a istituti finanziari online.

Per gli operatori di borsa, l’intervento del governo – che blocca una quotazione da almeno 39,7 miliardi di dollari – rischia di minare la fiducia degli investitori nazionali ed esteri nel sistema finanziario cinese. Jack Ma, proprietario del gigante del commercio online Alibaba, e azionista di maggioranza di Ant Group, ha sottolineato la funzione sociale dei servizi web di micro-credito. Egli fa notare che questo è l’unico vero strumento a disposizione delle piccole e medie imprese per accedere al credito, dato che le banche in larga parte concedono prestiti solo ai grandi gruppi.

Le ultime mosse del governo cinese, soprattutto dopo la fase iniziale della pandemia da coronavirus, segnalano un maggior intervento statale nell’economia del Paese. Un orientamento che contrasta con gli obiettivi fissati nelle linee guida del 14° Piano quinquennale (2021-2025), e quelle di una strategia di medio termine ribattezzata “Visione 2035”, approvate il 29 ottobre al termine del 5° Plenum del Comitato centrale del Partito comunista cinese (Pcc).

Per trasformare la Cina in una società ad alto reddito, e raddoppiare il Pil pro-capite entro i prossimi 15 anni, il Comitato centrale dichiara di puntare sulla riforma dei fattori di produzione – compresi quelli in ambito tecnologico – in una ottica di mercato: lo stop alla quotazione di Ant Group sembra andare nella direzione opposta.

La nuova deriva statalista è stata confermata il 3 novembre dalla Commissione centrale per le riforme generali, guidata dal presidente Xi Jinping. Essa ha approvato un piano per rendere le imprese di Stato “più forti, migliori e più grandi”. Le compagnie pubbliche cinesi sono spesso accusate di inefficienza e di soffocare la crescita di un vero mercato privato in Cina: per la leadership sono però più “affidabili”, e lo avrebbero dimostrato nel corso della crisi del coronavirus.

In questo quadro, non è un caso che subito dopo la conclusione del 5° Plenum, Jiang Jinquan, direttore dell’Ufficio di ricerca del Partito, abbia dichiarato che il primo obiettivo del nuovo piano quinquennale è quello di accrescere la concentrazione del potere nelle mani del Pcc (e quindi del segretario generale Xi Jinping).