​Quando hanno chiesto acqua hanno avuto colpi di arma da fuoco
di Melani Manel Perera

Il rapporto sugli incidenti nella prigione di Mahara. Scarsità di cibo, difficoltà di comunicazione con le famiglie e mancanza di test per il Covid-19 sarebbero all’origine della rivolta avvenuta il 29 novembre.


Colombo (Asia News) – Scarsità di cibo, difficoltà di comunicazione con le famiglie e mancanza di test per il Covid-19 sarebbero all’origine della rivolta avvenuta il 29 novembre nella prigione di Mahara. Lo riferisce in un articolo un attivista cattolico per i diritti umani, Ruki Fernando che ha parlato dell'"incidente della prigione di Mahara" - nel corso del quale 11 prigionieri sono stati uccisi e più di 100 feriti - sulla base di un rapporto presentato in Parlamento il 9 dicembre. La relazione non è stata rilasciata, ma una copia gli è stata fornita da un membro del Parlamento.

"Il rapporto – secondo Ruki Fernando - ha rilevato che circa mille test sono stati eseguiti sui detenuti di Mahara e che i risultati, arrivati ​​la sera del 28 e la mattina del 29, indicavano che circa 180 detenuti e sei guardie erano positivi”. “Il che ha anche dimostrato che i test erano stati eseguiti solo su circa il 35% dei 2.782 detenuti, tre volte il numero che poteva ospitare".

"Il comitato ha notato che le notizie sui risultati ottenuti attraverso canali non ufficiali avevano causato disordini. Il comitato ha concluso che la protesta era ragionevole. Le quattro richieste principali erano di rilasciare coloro a cui era già stata concessa la libertà su cauzione, fornire cibo adatto, eseguire test su tutti i detenuti e allontanare coloro che risultassero positivi".

"Il rapporto affermava poi che nessun detenuto aveva usato armi da fuoco e che solo le guardie avevano sparato. Ci sono stati problemi di approvvigionamento idrico e alimentare il 30 e più disordini quella sera”.

"Il comitato ha raccomandato di implementare un meccanismo per fornire cibo e altri elementi essenziali attraverso i centri di assistenza sociale”. Ha raccomandato di fare i test sui detenuti il ​​prima possibile, inviando quelli risultati positivi ai centri di trattamento e quelli risultati negativi per la quarantena a casa.

Il rapporto riferisce che quando il 3 dicembre il comitato aveva visitato la prigione aveva chiesto al sovrintendente di facilitare le chiamate dei detenuti alle famiglie. Ma ancora il 5 dicembre c'erano famiglie disperate fuori dal cancello che chiedevano di sapere dei loro cari, implorando almeno una telefonata da coloro che erano sopravvissuti.

Il comitato ha notato ritardi nel rilascio dei prigionieri a cui era stata concessa la cauzione. Raccomandava di accelerare il rilascio di altri detenuti che potevano essere liberati dopo il pagamento di una multa o di una cauzione. Ha inoltre raccomandato di implementare un processo per liberare i detenuti condannati considerando la durata della loro pena, dando priorità agli anziani.