​Papa: è un Natale in tempo di crisi, tempo dello Spirito, tempo di crescita

Non giudicare la Chiesa “frettolosamente” in base alle “crisi causate dagli scandali di ieri e di oggi” e non applicarle categorie come “destra” e “sinistra”. “Non confondere la crisi con il conflitto”, che “favorisce l’affermarsi di certi atteggiamenti di carattere elitario e di ‘gruppi chiusi’”.


Città del Vaticano (AsiaNews) – Il tempo della crisi è “un tempo dello Spirito”, parte del disegno di Dio, al quale guardare con la fiducia che le cose stanno per assumere una nuova forma. Questo vale anche per la Chiesa da non giudicare “frettolosamente” in base alle “crisi causate dagli scandali di ieri e di oggi” e alla sua riforma che non può essere “un rattoppo di un vestito vecchio”, ma il “rivestire con un vestito nuovo” il Corpo di Cristo, “affinché appaia chiaramente che la Grazia posseduta non viene da noi ma da Dio”.

E’ per realizzare tale compito che papa Francesco ha ammonito la Curia romana e il Collegio dei cardinali – incontrati oggi per il tradizionale scambio di auguri natalizi – a “non confondere la crisi con il conflitto”, che “crea sempre un contrasto, una competizione” e facendo perdere il senso della comune appartenenza “favorisce la crescita o l’affermarsi di certi atteggiamenti di carattere elitario e di ‘gruppi chiusi’ che promuovono logiche limitative e parziali, che impoveriscono l’universalità della nostra missione”. E “il primo male a cui ci porta il conflitto, e da cui dobbiamo cercare di stare lontani, è proprio il chiacchiericcio, il pettegolezzo, che ci chiude nella più triste, sgradevole e asfissiante autoreferenzialità, e trasforma ogni crisi in conflitto”.

In questo “Natale della pandemia, della crisi sanitaria, economica sociale e persino ecclesiale che ha colpito ciecamente il mondo intero”, Francesco evidenzia il “valore” delle crisi. Le hanno avute i grandi profeti biblici – da Abramo a Mosè – le hanno conosciute anche Gesù – nel deserto, nel Getsemani e sulla croce – e san Paolo. “Chi non guarda la crisi alla luce del Vangelo, si limita a fare l’autopsia di un cadavere. Siamo spaventati dalla crisi non solo perché abbiamo dimenticato di valutarla come il Vangelo ci invita a farlo, ma perché abbiamo scordato che il Vangelo è il primo a metterci in crisi”.

Il lungo discorso di Francesco ha nella Chiesa il momento centrale. “La Chiesa è sempre un vaso di creta, prezioso per ciò che contiene e non per ciò che a volte mostra di sé. Questo è un tempo in cui sembra evidente che la creta di cui siamo impastati è scheggiata, incrinata, spaccata. Dobbiamo sforzarci affinché la nostra fragilità non diventi ostacolo all’annuncio del Vangelo, ma luogo in cui si manifesta il grande amore con il quale Dio, ricco di misericordia, ci ha amati e ci ama (cfr Ef 2,4)”. Nella Chiesa, quindi, l’uso di “categorie – destra e sinistra, progressisti e tradizionalisti – frammenta, polarizza, perverte e tradisce la sua vera natura: essa è un Corpo perennemente in crisi proprio perché è vivo, ma non deve mai diventare un corpo in conflitto, con vincitori e vinti. Infatti, in questo modo diffonderà timore, diventerà più rigida, meno sinodale, e imporrà una logica uniforme e uniformante, così lontana dalla ricchezza e pluralità che lo Spirito ha donato alla sua Chiesa. La novità introdotta dalla crisi voluta dallo Spirito non è mai una novità in contrapposizione al vecchio, bensì una novità che germoglia dal vecchio e lo rende sempre fecondo”.

Il “vecchio” è la tradizione, “le ‘cose antiche’”, costituite dalla verità e dalla grazia che già possediamo. “Le cose nuove sono i vari aspetti della verità che via via comprendiamo. Nessuna modalità storica di vivere il Vangelo esaurisce la sua comprensione. Se ci lasciamo guidare dallo Spirito Santo, ogni giorno ci avvicineremo sempre di più a «tutta la verità» (Gv 16,13). Al contrario, senza la grazia dello Spirito Santo, si può persino cominciare a pensare la Chiesa in una forma sinodale che però, invece di rifarsi alla comunione, arriva a concepirsi come una qualunque assemblea democratica fatta di maggioranze e minoranze. Solo la presenza dello Spirito Santo fa la differenza”.

Il tempo di crisi, allora, va accettato come “un tempo di grazia donatoci per capire la volontà di Dio su ciascuno di noi e per la Chiesa tutta. Occorre entrare nella logica apparentemente contraddittoria che «quando sono debole, è allora che sono forte» (2 Cor 12,10). Si deve ricordare l’assicurazione data da San Paolo ai Corinzi: «Dio è degno di fede e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma, insieme con la tentazione, vi darà anche il modo di uscirne per poterla sostenere» (1 Cor 10,13). Fondamentale è non interrompere il dialogo con Dio, anche se è faticoso. Non dobbiamo stancarci di pregare sempre”. “La preghiera ci permetterà di ‘sperare contro ogni speranza’ (cfr Rm 4,18)”.

A conclusione del discorso, Francesco – che ha pure lodato il lavoro “umile, discreto, silenzioso, leale, professionale, onesto” che “molti” svolgono in Curia – ha chiesto “a tutti voi che siete insieme con me a servizio del Vangelo il regalo di Natale: la vostra collaborazione generosa e appassionata nell’annuncio della Buona Novella soprattutto ai poveri (cfr Mt 11,5). Ricordiamo che conosce veramente Dio solo chi accoglie il povero che viene dal basso con la sua miseria, e che proprio in questa veste viene inviato dall’alto; non possiamo vedere il volto di Dio, possiamo però sperimentarlo nel suo volgersi verso di noi quando onoriamo il volto del prossimo, dell’altro che ci impegna con i suoi bisogni.[6] Non vi sia nessuno che ostacoli volontariamente l’opera che il Signore sta compiendo in questo momento, e chiediamo il dono dell’umiltà del servizio affinché Lui cresca e noi diminuiamo (cfr Gv 3,30)”. (FP)