Cinque anni e otto mesi all’attivista saudita che rivendicava il diritto alla guida dell'auto

Loujain al-Hathloul ha già scontato due anni e mezzo in carcere di massima sicurezza. Le autorità l’hanno incriminata per violazione delle norme inerenti la sicurezza nazionale. La pena è sospesa per gli ultimi due anni e otto mesi. La giovane potrebbe uscire entro marzo. Una strategia di Riyadh per “salvare la faccia”.


Riyadh (AsiaNews/Agenzie) - Un tribunale saudita ha condannato a cinque anni e otto mesi l’attivista Loujain al-Hathloul, 31enne in prima fila per il diritto alla guida delle donne nel regno wahhabita. La giovane era stata arrestata a poche settimane dalla cancellazione del bando, avvenuta nel giugno 2018. Nelle scorse settimane aveva promosso uno sciopero della fame per protesta contro le condizioni carcerarie, denunciando le restrizioni e gli abusi cui è oggetto in cella e ricevendo la solidarietà di un comitato Onu che aveva lanciato un appello a re Salman. 

L’attivista ha già trascorso due anni e mezzo in una prigione di massima sicurezza, sollevando proteste e indignazione da parte di ong internazionali e gruppi pro diritti umani. Tuttavia, ieri una Corte speciale per reati legati al terrorismo l’ha giudicata colpevole di vari reati, fra i quali mettere in pericolo la sicurezza nazionale e perseguire una agenda straniera. 

In realtà, le autorità saudite l’hanno incriminata per violazione delle norme inerenti la sicurezza nazionale nel contesto di una più ampia operazione volta a reprimere i movimenti attivisti, soprattutto quelli femminili. Secondo quanto raccontano i parenti, la donna è stata in regime di isolamento per tre mesi in seguito all’arresto ed è stata oggetto di elettroshock, frustate e abusi a sfondo sessuale.

I giudici, dopo aver letto la sentenza di condanna, hanno condonato mediante “sospensione” due anni e 10 mesi. Secondo i familiari, questo permetterebbe di ottenere il suo rilascio entro i prossimi due mesi, al più tardi a marzo. In merito al processo, attivisti ed esperti riferiscono che non ha rispettato gli standard minimi internazionali sul diritto alla difesa.

In un messaggio su twitter la sorella Lina al-Hathloul conferma il probabile rilascio per marzo. I giudici, prosegue la donna, avrebbero inoltre imposto il divieto di espatrio per almeno cinque anni. Secondo diversi commentatori il verdetto di condanna, con la sospensiva della pena, rappresenta “una strategia di uscita per salvare la faccia”, comminandole la condanna ma rispondendo in qualche modo alla campagna di pressione internazionale finalizzata alla sua liberazione.

Nel regno saudita vige una monarchia assoluta sunnita, retta da una visione wahhabita e fondamentalista dell’islam. Le riforme introdotte negli ultimi due anni dal principe ereditario Mohammad bin Salman hanno toccato la sfera sociale e i diritti, fra cui il via libera per la guida alle donne e l’accesso (controllato e in apposti settori) agli stadi. Tuttavia, gli arresti di alti funzionari e imprenditori, la repressione di attivisti e voci critiche come quella di Hathloul e la vicenda Khashoggi gettano più di un’ombra sul cambiamento.