Chi è Sadyr Žaparov, il nuovo presidente kirghiso
di Vladimir Rozanskij

Eletto con quasi l’80% dei voti. È considerato un prigioniero politico, accusato ingiustamente. Liberato dalla prigione, è divenuto primo ministro e poi facente funzione di presidente. Alcuni lo definiscono “il Trump kirghiso”. Un referendum ha decretato che il Kirghizistan divenga una repubblica presidenziale. Elezioni parlamentari anche in Kazakistan, con una scontata vittoria del partito Nur Otan, dell’ex presidente – ma leader perenne - Nursultan Nazarbaev.


Mosca (AsiaNews) - Sadyr Žaparov, 52 anni, ha vinto le elezioni presidenziali lo scorso 10 gennaio.  Per il comitato elettorale egli ha preso quasi l’80% dei voti. Al secondo posto si è collocato Adakhan Madumarov con quasi il 7%, e Babyrzhan Tolbaev con il 2,3%. L’affluenza alle urne è stata fissata poco meno del 40%, la più bassa di tutto il periodo post-sovietico. Ma per le presidenziali non è fissato alcun quorum, l’elezione è stata dichiarata valida, nonostante le proteste degli oppositori che denunciano brogli. Il presidente russo Vladimir Putin si è già congratulato con Žaparov.

Il neo-eletto presidente è il sesto dall’indipendenza del Paese (1991). Dopo l’annuncio della vittoria, egli ha tenuto una conferenza-stampa dichiarando di voler “far tornare a casa tutti gli emigrati” e far uscire il Paese dalla crisi economica entro i prossimi tre anni.

Insieme all’elezione del presidente, si è tenuto anche il referendum sulla forma di governo, particolarmente delicato dopo i disordini del 2020, continuati per mesi. Il governo di tipo presidenziale ha ottenuto l’81,29%; la forma parlamentare il 10,85%.

Osservatori neutrali denunciano varie irregolarità: il trasporto di masse di elettori ai seggi; pressioni sugli elettori; violazioni del segreto del voto nell’urna. Molti temono che a causa di ciò, nei prossimi giorni vi saranno disordini. Secondo i corrispondenti del canale Nastojashee Vremja, i problemi più gravi si sono verificati per il cattivo funzionamento delle urne automatiche, che hanno interrotto le operazioni di voto le in molti seggi: a causa del freddo, le urne si sarebbero bloccate, costringendo a riporre le schede sulle sedie o sul pavimento.

Fino a poco tempo fa, il nuovo presidente si trovava ancora in carcere, con una condanna per 11 anni e mezzo per sequestro di ostaggi. Ma i suoi sostenitori lo hanno liberato e fatto uscire dal campo di prigionia. In modo abbastanza inatteso, essendo un esponente politico del vecchio regime, egli si è messo a capo delle proteste dei mesi scorsi. Cinque giorni dopo la liberazione è diventato primo ministro. Dallo scorso ottobre era facente funzione di presidente, costringendo alle dimissioni il presidente Sooronbai Jeenbekov. Žaparov ha promesso anche di riportare in patria gli ex-presidenti Askar Akaev e Kurmanbek Bakiev, fuggiti anni prima (Akaev nel 2005, Bakiev nel 2010), a condizione che il popolo offra loro il perdono per le colpe del passato. Egli ha infine dichiarato di voler organizzare un referendum costituzionale “alla Putin” entro il 2021.

La popolarità di Žaparov si è costruita proprio durante i primi tre anni di detenzione, giudicata ingiusta da molti. Durante la prigionia egli è sopravvissuto a stento a un tentativo di suicidio; mentre era recluso ha perso entrambi i genitori e il figlio. Secondo l’opinione di molti, la sua detenzione era un tentativo di bloccare la sua proposta di nazionalizzare il principale sito di estrazione aurifera del Paese, il Kumtor. Dalla prigione egli si è spesso rivolto alla popolazione con messaggi video, criticando il governo del Paese, rafforzando la sua immagine di perseguitato politico e cavalcando le proteste di piazza. Alcuni osservatori lo definiscono il “Trump kirghiso”.

Lo stesso 10 gennaio si sono tenute le elezioni parlamentari e regionali in Kazakistan, le prime dopo le dimissioni del “presidente eterno” Nursultan Nazarbaev, poi sostituito dal suo delfino Qasim-Jomart Tokaev. Secondo i primi scrutini pubblicati, il partito del presidente Nur Otan avrebbe ottenuto oltre il 70% delle preferenze. Al secondo posto con il 9% il Partito Popolare del Kazakistan (ex-partito comunista), che sostiene anch’esso il presidente Tokaev. Anche qui si denunciano irregolarità e brogli, e ci sono stati tentativi di organizzare manifestazioni di protesta, subito bloccate dalle forze dell’ordine.