Phnom Penh, processo di massa contro attivisti e critici del regime

Sono 61 gli imputati alla sbarra con l’accusa di “tradimento”. Essi sono parte di un gruppo di 121 persone affiliate al disciolto partito di opposizione Cambodia National Rescue Party (Cnrp). I processi sono un tentativo della leadership di silenziare quanti minacciano il “monopolio politico”.


Phnom Penh (AsiaNews/Agenzie) - Un tribunale cambogiano si è riunito questa mattina per la prima udienza del processo per “tradimento” contro decine di oppositori, nel contesto di una serie di procedimenti contro attivisti e voci critiche promosse dal partito di governo. Analisti ed esperti sottolineano che le azioni legali sono il tentativo da parte della leadership di “silenziare la minaccia” di quanti vorrebbero mettere fine al suo “monopolio politico”. 

Gli imputati sono parte di un gruppo di 121 persone affiliate al disciolto partito di opposizione Cambodia National Rescue Party (Cnrp), alla sbarra per “tradimento e incitamento alla rivolta”. Sono almeno 61 le persone che hanno ricevuto la convocazione in aula, ma una parte di essi non è presente perché già fuggita all’estero nel timore di un processo ingiusto e motivato a livello politico, con la certezza di una condanna finale.

Il Cnrp è stato sciolto dalla Corte suprema di Phnom Penh nel 2017 e il suo attuale leader, Kem Sokha, arrestato prima delle elezioni dell’anno successivo. Un’altra figura di primo piano del partito, Sam Rainsy, fra le anime del movimento di opposizione cambogiana, vive da tempo in esilio a Parigi. La messa al bando ha permesso al Primo ministro Hun Sen e al Cambodian People’s Party (Cpp) di vincere le elezioni parlamentari e rimanere al potere, pur sollevando critiche e preoccupazioni di attivisti e comunità internazionale per le violazioni ai diritti umani. 

Theary Seng, avvocato americano di origine cambogiana, fra gli imputati a processo questa mattina, ha dichiarato che “il vero scopo delle accuse è quello di silenziarmi”. Ong pro diritti umani confermano che questi procedimenti di massa sono un “affronto” al giusto processo, mentre viene calpestato lo stato di diritto.

Mu Sochua, attivista pro diritti umani ed ex vice-presidente del Cnrp, parla di “motivazioni politiche” dietro al processo di massa; inoltre, le autorità sfruttano la politica del “terrore” per “scoraggiare i sostenitori delle opposizioni a marciare dietro ai loro leader”. Fra le accuse rivolte a Kem Sokha aver “cospirato” con gli Stati Uniti per rovesciare il governo e cacciare il premier Hun Sen, fra i più fedeli alleati della Cina nel Sud-est asiatico.