Lockdown ‘duro’ in Hebei: vecchio legato ad un albero perché voleva comprare le sigarette
di Wang Zhicheng

L’indicazione di legare agli alberi i renitenti a stare chiusi in casa era del capo villaggio. In Hebei si registra una diminuzione dei casi, ma i luoghi di culto rimangono chiusi: sono accusati di essere la fonte del contagio.


Shijiazhuang (AsiaNews) – Dal 7 gennaio è stato imposto alla città di Shijiazhuang (Hebei) un deciso lockdown per fermare la diffusione della pandemia da nuovo coronavirus, dopo la scoperta di decine di casi nei villaggi rurali e di centinaia di altri nella città.

Il 19 gennaio su Weibo – il Twitter cinese – sono apparse foto e video di un fatto increscioso: un vecchio che viene legato ad un albero da una persona con il giubbetto rosso all’ingresso del villaggio di Shuifanzhai (Shijiazhuang).

Il giorno dopo, l’ufficio di Weibo del distretto di Gaocheng, vicino a Shuifanzhai, ha confermato l’autenticità del messaggio. È emerso che il capo del villaggio, Yan Mou, ha dato ordine di attuare un lockdown duro con il divieto per tutti gli abitanti di muoversi da casa. Il vecchio, il cui cognome è Cao, voleva andare a comprare delle sigarette e si è scontrato con il servizio d’ordine che, dopo aver cercato di convincerlo a tornarsene a casa, vedendo la sua caparbietà, lo hanno legato all’albero. L’indicazione di legare agli alberi i renitenti è stata data da Yan Mou. Immobilizzato all’albero, il vecchio Cao ha anche subito una “sessione politica” in cui è stato sgridato, minacciato e accusato di “non patriottismo”. Dopo le innumerevoli critiche sui social, Yan Mou è stato sospeso.

Intanto già da due giorni le autorità registrano una diminuzione dei casi quotidiani. In ogni caso, tutti i residenti sono ancora obbligati a stare in casa, eccetto coloro che sono personale medico, operai per la manutenzione dell’acqua e delle caldaie, e altri lavoratori contro l’epidemia. Naturalmente, tutti i luoghi di culto rimangono chiusi. Nei giorni scorsi è scoppiata una grossa polemica perché messaggi sui social – sostenuti anche dalle autorità del governo - accusavano i raduni religiosi come la fonte delle infezioni e domandavano la soppressione soprattutto delle chiese e delle comunità sotterranee.