Pechino: ‘Se Taipei dichiara indipendenza, è guerra’. Washington: risponderemo

La Cina contesta le “interferenze” delle forze esterne e le “provocazioni” degli indipendentisti taiwanesi. Militari cinesi: “Contenere Pechino è una missione impossibile”. Pentagono: Pronti a cooperare con la Cina, ma abbiamo obblighi nei confronti di Taipei. I dubbi dei taiwanesi.


Pechino (AsiaNews) – “Se Taipei dichiara indipendenza, è guerra”. Wu Qian, portavoce del ministero cinese della Difesa, ha alzato ieri i toni contro la nuova amministrazione Usa di Joe Biden e quella taiwanese di Tsai Ing-wen, accusate di portare avanti un’agenda separatista per l’isola. Wu ha sottolineato che le recenti attività militari dell’Esercito popolare di liberazione sono una risposta necessaria alle “interferenze delle forze esterne e alle provocazioni degli indipendentisti a Taipei”.

Pechino considera Taiwan una “provincia ribelle”, e non ha mai escluso di riconquistarla con l’uso della forza. L’isola è di fatto indipendente dalla Cina dal 1949; all’epoca i nazionalisti di Chiang Kai-shek vi hanno trovato rifugio dopo aver perso la guerra civile sul continente contro i comunisti, facendola diventare l’erede della Repubblica di Cina fondata nel 1912.

In un discorso pronunciato il 2 gennaio 2019, il presidente cinese Xi Jinping ha invitato il popolo di Taiwan ad accettare il fatto che l’isola “deve e sarà” riunificata con la Cina. Il leader cinese ha fatto appello a una riunificazione pacifica in base al principio “un Paese, due sistemi”, ma ha ammonito che Pechino si riserva l’uso della forza per raggiungere lo scopo.

Da diversi giorni le forze aeree cinesi stanno compiendo operazioni su ampia scala nei pressi dell’isola. Ieri sei aerei militari di Pechino hanno sorvolato la zona d’identificazione aerea taiwanese. Nel weekend i cinesi hanno fatto volare 28 velivoli nell’area: un numero che non si registrava da molti anni.

Il gigante asiatico ha intensificato la pressione militare su Taiwan – anche con attività navali – dallo scorso settembre. Secondo la maggior parte degli osservatori, con questi raid il governo cinese vuole mandare un messaggio di disappunto all’amministrazione Biden, che non pare disposta ad abbandonare la linea di confronto duro con la Cina inaugurata da Donald Trump.

Riferendosi al sostegno degli Usa a Taipei, Wu Qian è stato lapidario: “Contenere la Cina e una missione impossibile”. La risposta di Washington non si è fatta attendere. Ieri sera il dipartimento della Difesa ha definito “infelice” l’uscita della controparte cinese. Il Pentagono ha ribadito che continuerà a sostenere le capacità difensive di Taiwan: “Siamo pronti a cooperare con Pechino, ma abbiamo obblighi che intendiamo rispettare”.

In base al Taiwan Relations Act, gli Stati Uniti sono impegnati a difendere l’isola. Adottato nel 1979 dopo il formale riconoscimento diplomatico della Cina comunista, il provvedimento non specifica l’effettiva natura dell’impegno di Washington: una “ambiguità strategica” che produce continue tensioni con Pechino.

Taipei non sembra del tutto rassicurata dalle parole dell’amministrazione Biden. Alcune frange del governo e della società taiwanese temono che prima o poi il proprio Paese sarà “svenduto” dagli statunitensi  per salvaguardare i rapporti economici con Pechino. Secondo diversi analisti nell’isola, però, il nuovo presidente Usa sarà con ogni probabilità meno “diretto” di Trump nei confronti della Cina, ma più risoluto di Barack Obama.