Iranaithivu, la marina blocca attivisti e giornalisti diretti al cimitero Covid
di Melani Manel Perera

I militari hanno bloccato un gruppo di persone dirette nell’area, per solidarizzare con gli abitanti e raccogliere le ragioni della protesta. Dalla marina esposti cartelli con “divieto di ingresso”. Le direttive emanate dai vertici delle Forze di sicurezza. Attivista Nafso: “Una questione più grande”.


Colombo (AsiaNews) - La marina dello Sri Lanka ha bloccato oggi un gruppo di persone dirette all’isola di Iranathivu, per manifestare la loro solidarietà alla protesta promossa dai locali contro la decisione del governo di fare dell’area una sorta di cimitero Covid-19. Distruggendo in questo modo, come denunciano i dimostranti, il delicato ecosistema della regione basato su pesa, allevamento e agricoltura, unito alla varietà della fauna e della flora presenti e ai pericoli in tema di salute pubblica per le persone. 

Agli attivisti che volevano approdare, i militari hanno opposto cartelli con scritto “Divieto di accesso per chiunque venga da fuori”. Nei giorni scorsi la popolazione locale, sostenuta dai vertici ecclesiastici, aveva manifestato contro il governo che intende seppellire i cadaveri dei musulmani deceduti a causa del nuovo coronavirus sull’isola. 

In risposta alle dimostrazioni, alcuni attivisti pro-diritti umani, giornalisti e membri di organizzazioni della società civile questa mattina hanno percorso la tratta che separa la capitale, Colombo, da Iranaithivu per ascoltare le ragioni della popolazione dell’area. Tuttavia, i membri della marina hanno allestito un check-point impedendo di fatto l’ingresso da Iranaimathanagar. 

I militari hanno attuato un provvedimento del segretario del distretto di Kilinochchi, che autorizza l’ingresso ai soli residenti. Divieto di accesso anche agli organi di informazione e gruppi attivisti. Il segretario aggiunto distrettuale ha spiegato di aver attuato disposizioni che arrivavano dai vertici delle Forze di sicurezza. 

Interpellato da AsiaNews Anthony Jesudasan, coordinatore dei programmi Nord e Sud del Nafso (National Fisheries Solidarity Movement), afferma: “Ora possiamo capire che cosa sta dietro a questo processo. Si tratta di una questione più grande, qual è la vera ragione per questo provvedimento?”. Questa, aggiunge, è “una ingiustizia doppia per le vittime di guerra Tamil” che ancora oggi non sanno “quando potranno tornare a respirare in libertà”.