Taipei vince la ‘battaglia degli ananas’ con Pechino

Dopo il bando alle importazioni deciso dai cinesi, venduti più frutti di quelli esportati in Cina nel 2020. Acquisti anche da Giappone, Australia, Vietnam e Singapore. Autorità dell’isola: Pechino vuole danneggiarci. Opinione pubblica taiwanese infuriata con i cinesi.


Taipei (AsiaNews/Agenzie) – Taiwan sta vincendo la “battaglia degli ananas” con la Cina. A fine febbraio Pechino ha bloccato le importazioni del frutto dall’isola: il governo taiwanese ha risposto con la campagna #FreedomPineapple, chiedendo ai propri cittadini e ai Paesi partner di acquistare i quantitativi invenduti in Cina.

Lo sforzo di Taipei ha avuto successo: in pochi giorni gli acquisti di ananas taiwanesi hanno superato il totale di quelli esportati in Cina lo scorso anno. Circa 41,687 tonnellate sono state vendute a livello nazionale e all’estero, soprattutto in Giappone, Australia, Vietnam e a Singapore.

La campagna anti-boicottaggio di Taiwan trae ispirazione da quella lanciata dal governo australiano per proteggere la produzione nazionale di vino. Lo scorso anno Canberra è entrata in collisione con la Cina dopo che Pechino ha imposto dazi di oltre il 200% sulle importazioni vinicole dall’Australia.

Le autorità cinesi hanno giustificato il bando agli ananas taiwanesi con il rinvenimento di parassiti nocivi nei lotti importati lo scorso anno. Secondo le controparti taiwanesi, le accuse sono false, dato che nel 2020 il 99,79% dei quantitativi venduti in Cina hanno superato tutti controlli doganali.

Per Taipei, come per la maggior parte degli osservatori taiwanesi e stranieri, il divieto è solo l’ennesimo tentativo della Cina di danneggiare l’economia dell’isola: un modo per mettere in difficoltà la presidente Tsai Ing-wen, ritenuta dai leader cinesi una pericolosa indipendentista. Pechino considera Taiwan una “provincia ribelle”.

Analisti fanno notare che la mossa della Cina si sta rivelando un boomerang. La decisione cinese ha fatto infuriare la pubblica opinione taiwanese, mostrando l’inefficacia delle politiche pro-Pechino proposte dal Kuomintang. Negli ultimi 20 anni l’opposizione nazionalista ha puntato infatti sull’incremento del commercio bilaterale per migliorare i rapporti con la “madrepatria”.