La compagnia leader nel microcredito online costretta a rispettare le stesse regole osservate dalle banche tradizionali. Come il suo azionista di maggioranza Alibaba, essa deve ubbidire alle direttive del regime. Le autorità vogliono i dati personali dei 730 milioni di utenti di Ant. La battaglia del Partito comunista cinese contro i giganti del web.
Pechino (AsiaNews) – La Banca centrale cinese ha imposto ad Ant Group una vasta ristrutturazione sotto la propria supervisione. Lo ha dichiarato ieri Pan Gongsheng, vice governatore dell’istituto. Ant è un’azienda leader nei servizi di pagamento e microcredito online. Alipay, la sua applicazione web, ha più di 730 milioni di utenti.
La compagnia hi-tech ha dichiarato di attribuire “grande importanza alla serietà della correzione”. Essa è pronta a svilupparsi all’interno del “contesto strategico nazionale” e a contribuire alla strategia della “doppia circolazione” voluta dal presidente Xi Jinping: un mix di autosufficienza (soprattutto in ambito tecnologico), sviluppo dei consumi interni e attrazione di capitali esteri.
Ant non ha opposto resistenza alle direttive del regime, che vuole contenere in modo drastico il potere dei giganti nazionali del web. Nei giorni scorsi si è allineato anche Alibaba, il campione del commercio online fondato dal miliardario Jack Ma, azionista di maggioranza di Ant. Alibaba dovrà pagare una multa da 18,2 miliardi di yuan (2,3 miliardi di euro) per aver abusato della propria posizione dominante.
Ant diventerà una holding finanziaria sottostando agli stessi controlli regolatori previsti per gli istituti di credito tradizionali. Finora la compagnia ha avuto un vantaggio competitivo rispetto alle grandi banche, come ad esempio nessun obbligo di mantenere un livello minimo di capitale. Secondo gli esperti, con la ristrutturazione Ant dovrà assicurare un capitale minimo di 200 miliardi di yuan (25,7 miliardi di euro): una trasformazione che con ogni probabilità ridurrà i profitti e il valore dell’azienda. La Banca centrale vuole anche che Ant condivida – con le autorità – il suo più grande tesoro: la massa di dati personali dei propri utenti.
La creatura fondata da Jack Ma è da tempo nel mirino del regime. In novembre il governo ha bloccato l’ingresso in borsa di Ant. La quotazione, la più alta della storia (33,7 miliardi di euro), è stata fermata perché le sue attività non era in linea con le nuove regole governative sulla concessione di micro-finanziamenti attraverso piattaforme web.
La Cina vuole adottare una cornice legale più puntuale per mettere fine alle pratiche monopolistiche in ambito tecnologico: è non è la sola. In dicembre l’Unione europea ha presentato una bozza di legge che elenca cosa possono o non possono fare le compagnie digitali, pena il pagamento di pesanti multe o la sospensione delle attività in territorio europeo. In un sistema aperto come quello europeo, i colossi tecnologici del web possono negoziare: per sopravvivere, quelli cinesi sono obbligati a ubbidire alle indicazioni del Partito comunista cinese (Pcc).
Come sottolineato in ottobre da Jiang Jinquan, direttore dell’Ufficio di ricerca del Pcc, al termine del 5° Plenum del Partito, il primo obiettivo del nuovo 14° piano quinquennale (2021-2025) è quello di accrescere la concentrazione del potere nelle mani del Pcc (e quindi del segretario generale Xi Jinping). Conclusione: Alibaba, Tencent e gli altri grandi gruppi tecnologici cinesi saranno messi tutti in riga.