Patriarca Raï: un accordo fra Parigi e Washington per sbloccare la crisi libanese
di Fady Noun

In un incontro con la stampa diplomatica francese il porporato ha analizzato i temi di maggiore attualità. Il ripetuto appello per la neutralità del Paese e la conferenza internazionale Onu. Le diverse visioni dell’Eliseo e della Casa Bianca su Hezbollah. La questione dei profughi siriani e l’elemento demografico come fattore imprescindibile di equilibrio.


Beirut (AsiaNews) - Il patriarca maronita, card. Beshara Raï, ha tenuto ieri una conferenza stampa sulla piattaforma Zoom davanti a una decina di giornalisti transalpini appartenenti all’Associazione stampa diplomatica francese (Apdf). Una conferenza all’interno della quale egli è tornato sulla sua richiesta di uno statuto di neutralità per il Libano e di una conferenza internazionale sotto l’egida dell’Onu, focalizzata sul dossier libanese. Pur non avendo aggiunto nulla di nuovo sui problemi oggetto del confronto, il patriarca ha fornito nelle risposte alle domande poste alcuni chiarimenti che hanno permesso di meglio comprendere la portata della sua campagna. In particolare, egli ha affermato di desiderare che gli Stati Uniti possano allineare le loro posizioni su quelle della Francia, in merito a una possibile soluzione della questione Libano. 

Sul fronte interno, interrogato sulla responsabilità che grava sul capo dello Stato nel blocco del processo per la formazione del governo, il patriarca ha affermato che è imputabile in via esclusiva al presidente ma quest’ultimo, a causa delle proprie responsabilità, deve “farsi carico di tutte le sue forze”. Sul piano esterno, ha quindi aggiunto in sostanza, è auspicabile una conferenza internazionale nella misura in cui si possa imporre una concertazione fra padrini regionali e internazionali delle forze politiche locali. Alcune di queste vogliono un regolamento dei conti, mentre altre, come l’Iran, desiderano mantenere uno status quo. Tuttavia, il capo della Chiesa maronita si è fatto portavoce della richiesta di “internazionalizzare” la crisi. “Non abbiamo mai parlato - ha precisato - di internazionalizzazione, ma di una conferenza internazionale”. 

Il ruolo di Hezbollah nel blocco

“Tutti sanno che essa gioca un ruolo di primo piano nel blocco” ha dichiarato in risposta a una domanda su Hezbollah, assicurando al contempo che la sede patriarcale “non vuole creare un problema” con questo partito. Riferendosi all’accordo di Taëf, soprattutto per quanto concerne il disarmo delle milizie, come indicato dalle risoluzioni internazionali 1559 e 1701, il patriarca ha confermato che esiste una componente internazionale alla crisi libanese, aggiungendo al riguardo: “L’accordo di Taëf non è stato applicato sulla carta e nello spirito”. 

Il capo della Chiesa maronita ha rivelato di aver invitato a più riprese Hezbollah a discutere in modo franco e aperto a Bkerké, ma che al momento il partito filo-iraniano non ha accolto la richiesta. E con riferimento al comitato bipartito per il dialogo fra Bkerké ed Hezbollah, composto da un laico e da un vescovo (NDLR), rispettivamente Harès Chéhab e mons. Samir Mazloum, il patriarca ha precisato che questi incontri con i rappresentanti di Hezbollah “sono incontri amichevoli non destinati ad andare in profondità alle questioni”. 

Consapevole della diversità di vedute e posizioni fra Francia e Stati Uniti al riguardo di Hezbollah, il capo della Chiesa maronita ha auspicato comunque che questi due Paesi possano unire le loro volontà per quanto riguarda il Libano. “Incontro domani (15 aprile) David Hale” ha detto, augurandosi che “queste posizioni possano avvicinarsi e unirsi per il bene del Libano”. Sulla presenza in Libano dei rifugiati siriani e palestinesi e riguardo ad un eventuale impatto circa la naturalizzazione di una parte di questi ultimi, il card. Beshara Raï è stato diretto: “Il sistema politico del Libano poggia sulla demografia - ha aggiunto - e l’equilibrio demografico fra cristiani e musulmani è importante nella misura in cui il Libano è stato creato da una cultura dell’incontro di ispirazione cristiana”. “Non è una questione di numeri - ha chiarito - ma di cultura. Perdendola, perdiamo tutto”. E per quanto concerne, nello specifico, i rifugiati siriani, egli non ha nascosto di temere “una ripetizione con loro del modello palestinese” aggiungendo in conclusione che il loro ritorno in Siria non deve essere legato strettamente a una risoluzione politica della crisi siriana.