Schiavitù in mare: gli Usa bloccano import di pesce da compagnia cinese

La Dalian Ocean Fishing è accusata di ricorrere al lavoro forzato sulle sue 33 navi per la pesca e il trasporto del tonno. Marinai indonesiani costretti a lavorare 18 ore al giorno per 300 dollari al mese. Global Slavery Index: occhi puntati anche sull’industria ittica di Giappone Russia, Spagna, Corea del Sud, Taiwan e Thailandia. Il bando Usa al cotone dello Xinjiang.


Pechino (AsiaNews) – L’Agenzia delle dogane Usa ha bloccato ieri l’importazione dei prodotti venduti dalla Dalian Ocean Fishing. La compagnia ittica cinese è accusata di ricorrere al lavoro forzato e di abusare del personale imbarcato sulle sue 33 navi frigorifere per la pesca e il trasporto del tonno.

Il segretario alla Sicurezza interna Alejandro Mayorkas ha dichiarato che le aziende che usano il lavoro forzato non avranno accesso al mercato statunitense. Secondo le autorità doganali di Washington, Dalian Ocean Shipping sfrutta i propri dipendenti, costretti a lavorare in difficili condizioni, con il rischio anche di vedersi trattenuto lo stipendio.

L’Agence France-Presse riporta che lavoratori indonesiani del gruppo cinese hanno denunciato di essere obbligati a lavorare 18 ore al giorno per 300 dollari al mese, che spesso non vengono nemmeno pagati; i marinai rimangono in servizio anche per più di un anno, con scarsa assistenza medica e trattati in modo disumano. Lo scorso anno, la ong sudcoreana Advocates for Public Law and the Environmental Justice Foundation ha rivelato che i corpi di tre lavoratori morti sulla Long Xing 629, una nave della Dalian Ocean, sono stati gettati in mare.

Le imprese ittiche cinesi non sono le uniche a essere accusate di sfruttare il lavoro forzato. Secondo il Global Slavery Index, l’industria della pesca in altri sei Paesi (Giappone, Russia, Spagna, Corea del Sud, Taiwan e Thailandia) presenta un alto rischio di “moderna schiavitù”.

Non è la prima volta che il governo Usa vieta l’import di pesce dalla Cina per motivi umanitari; finora però non aveva mai preso di mira l’intera flotta di una compagnia. In tema di lavoro forzato, dallo scorso anno Washington ha adottato anche misure per bloccare l’import di prodotti provenienti dallo Xinjiang. Rivelazioni di diversi media hanno messo in luce l’esistenza di campi di lavoro nella regione autonoma cinese, dove centinaia di migliaia di musulmani sarebbero impiegati con la forza, soprattutto nella raccolta del cotone. La Cina produce il 20% del cotone mondiale, la maggior parte proprio nello Xinjiang.