Leader cattolici birmani: voluti gli attacchi alle chiese

Dal mese scorso l'esercito sta cercando di reprimere le forze di resistenza nel Myanmar orientale. Nel farlo ha colpito diverse chiese, nonostante l'appello dei capi cattolici di risparmiare gli edifici religiosi. Ieri il secondo giorno di processo ad Aung San Suu Kyi.


Yangon (AsiaNews) - A meno di un mese dall’inizio dell’offensiva per sconfiggere le forze anti-regime nel Myanmar orientale, la giunta militare ha distrutto almeno otto chiese. I leader cristiani avevano chiesto ai soldati di risparmiare i luoghi di culto, ma il loro appello non è stato ascoltato.

“Gli abbiamo già detto che nelle nostre chiese non si nascondono gruppi armati, ma solo persone che cercano rifugio [dai combattimenti]”, ha detto un sacerdote cattolico che durante le prime fasi del conflitto aveva preso parte ai colloqui con gli ufficiali militari. “Sanno che ospitiamo anziani, bambini e donne. La loro è solo un'azione premeditata e intenzionale”. Secondo la popolazione locale i militari si sono anche accampati all’interno delle chiese. 

Il 13 giugno un gruppo di soldati ha fatto irruzione in un convento cattolico nell'arcidiocesi di Mandalay e ha interrogato i sacerdoti per presunti legami con il movimento di resistenza al colpo di Stato. Dopo essere stati portati in una stazione di polizia, sono stati interrogati per quasi 24 ore, ha raccontato, in forma anonima, uno dei sacerdoti.

Il 25 maggio, a seguito di un assalto alla chiesa del Sacro Cuore a Kayan Tharyar che ha ucciso quattro persone, il cardinale Charles Bo, arcivescovo di Yangon, ha rilasciato una dichiarazione chiedendo alla giunta di non prendere di mira i luoghi di culto. Gli attacchi agli edifici religiosi sono continuati però senza sosta. Il 6 giugno l’esercito birmano ha bombardato la chiesa di Maria Regina della Pace a Daw Ngan Kha, nello Stato Kayah.

Il regime ha giustificato gli assalti dicendo che “terroristi” locali utilizzano le chiese per sferrare le loro offensive. “Non useremmo mai le chiese come copertura”, ha detto uno dei combattenti. “Apprezziamo gli edifici religiosi. Perché dovremmo usarli per uccidere la gente?”. Anche i sacerdoti non possono più stare nelle chiese, ha spiegato padre Celso Ba Shwe. “Le chiese in queste zone di conflitto non sono più sicure per gli sfollati. Ma dobbiamo comunque assicurarci che stiano bene, quindi nemmeno i preti di Demoso possono più stare qui”.

Intanto ieri si è svolto il secondo giorno di processo ad Aung San Suu Kyi, leader del governo civile deposto dai militari in febbraio. La procura ha affrontato l’accusa di incitamento al disordine pubblico, ma i capi di imputazione presentati nei suoi confronti sono sette. Molti osservatori credono che l’obiettivo della giunta sia impedire che Suu Kyi partecipi a qualsiasi elezione futura. I suoi avvocati si sono rifiutati di rivelare i dettagli della sessione di ieri, ma hanno detto che la 75enne era in condizioni migliori rispetto al primo giorno, quando era apparsa malferma.