Il patriarca Raï e l’alleanza con Riyadh: ‘Non ha mai violato la sovranità libanese’
di Fady Noun

Un’opera celebra il centenario dei rapporti fra patriarcato maronita e regno dell’Arabia Saudita. Alla cerimonia presenti il cardinale, il nunzio apostolico mons. Spiteri e l’ambasciatore saudita Boukhari. Il legame fra i due Paesi e il sostegno di Riyadh all’indipendenza libanese. L’attacco, senza nominarlo, a Hezbollah. 


Beirut (AsiaNews) - In occasione della pubblicazione di un’opera che ne ripercorre la storia, il 7 luglio p. Antoine Daou, dell’ordine degli Antonini, ha organizzato una cerimonia per celebrare il centenario dei rapporti fra patriarcato maronita e il regno dell’Arabia Saudita. Teatro dell’evento, la cupola della chiesa che sorge nel cortile esterno della sede patriarcale di Bkerké. Il libro, ha spiegato il suo editore Naufal Daou, è stato redatto raccogliendo un'idea avanzata dai sauditi. 

Il volume dovrebbe contribuire a mostrare la profondità storica di queste relazioni, che risalgono quasi agli anni della fondazione del Paese, in un Libano che il segretario generale di Hezbollah Hassan Nasrallah sta cercando di ancorare in uno spazio geopolitico diverso. Il capo della Chiesa maronita ha colto l’occasione per criticare in modo energico Hezbollah, pur senza nominarlo, sottolineando in particolare che il regno saudita “non ha mai violato la sovranità del Libano”. Al contempo egli ha affermato in modo chiaro e netto che il partito sciita e il suo padrino non si sono risparmiati dal “violarne l’indipendenza”, “infrangerne i confini”, “trascinarlo in guerre”, di “paralizzare la sua democrazia” e “di ignorare il suo Stato”.

La cerimonia si è svolta alla presenza dell’ambasciatore saudita, Walid Boukhari, del nunzio apostolico mons. Joseph Spiteri e di un parterre nutrito di personalità politiche e religiose di tutte le estrazioni, compresi rappresentanti del capo dello Stato. La Corrente del Futuro, generalmente evitata dal diplomatico saudita, era rappresentata dall’ex primo ministro Fouad Siniora. Il capo della Chiesa maronita ha sviluppato il suo discorso in tre direzioni: ha parlato dei rapporti tra Arabia Saudita e Libano, dei rapporti tra il reame saudita e la Chiesa maronita e infine dei rapporti del regno con i libanesi.

“La storia mostra che l’Arabia Saudita ha capito il senso e il valore dell’esistenza del Libano nel cuore del mondo arabo”, ha iniziato il patriarca. Chi può dimenticare le parole del fondatore della dinastia degli al-Saud, il re Abdul Aziz bin Abdul Rahman, il quale ha affermato: “Il Libano è parte intrinseca di noi. Io stesso voglio proteggerne l’indipendenza e non permetto a nessuno di metterci mano”. E chi può scordare la promessa fatta dal re Abdel Aziz ben Saoud il 12 aprile 1953: “Difenderò l’indipendenza del Libano come difendo l’indipendenza del mio stesso regno!”. E chi può scordare le mediazioni promosse da Riyadh durante la guerra del Libano? E chi dimentica il patrocinio dato alla Conferenza di Taëf (1989), che ha portato al documento d'intesa nazionale, che abbiamo accolto come una estensione del Patto Nazionale? Non dimentichiamo, in particolare, che l’Arabia Saudita è stato il primo Paese arabo a riconoscere l’indipendenza del Libano nel 1943. Ed è sulla base di questi auspici e promesse, ha proseguito il porporato, che il regno saudita “si è occupato del Libano, che ha rispettato la scelta dei libanesi, la loro identità, il loro pluralismo, i loro modelli, le loro tradizioni e il loro modo di vivere”.

“Difatti - ha proseguito il patriarca - l’Arabia Saudita non ha minato la sovranità del Libano né ha violato la sua indipendenza. Non ha violato i suoi confini e non l’ha trascinata in guerre. Non ha paralizzato la sua democrazia, né ignorato il suo essere Stato. L’Arabia Saudita ha sostenuto il Libano nei forum arabi e internazionali e ha fornito assistenza finanziaria. Ha investito nella ripresa economica e nei progetti di ricostruzione. Ha sponsorizzato riconciliazioni e accordi; accoglieva i libanesi e offriva loro opportunità di soggiorno e di lavoro”. 

Oltre il rapporto da Stato a Stato

In merito ai rapporti fra il patriarcato maronita e il regno, il patriarca Raï ha affermato: “La relazione del patriarcato maronita con il regno dell’Arabia Saudita va oltre le considerazioni che fanno riferimento alle relazioni fra Stati. Per la sede patriarcale, l’Arabia Saudita è l’Arabia Saudita. Noi la amiamo per quello che è. Non lo cogliamo attraverso le sue scelte politiche, le sue posizioni nazionali, le sue relazioni arabe e internazionali. La nostra relazione va oltre gli assi, verso una relazione globale, che è la partnership tra cristiani e musulmani. Uno dei motivi che hanno portato i maroniti a fondare il Grande Libano nella sua ricchezza pluralista è che è una estensione del suo ambiente, senza esserne una imitazione, né dissolversi in esso. Questa è la nostra storia e il nostro approccio, e questa è la nostra promessa ai libanesi, all’Arabia Saudita, agli arabi e al mondo. E questa è la promessa fatta in Libano dal reame”.

“Il libro di p. Antoine Daou, storico nell’essenza, apre così finestre sul futuro, con ciò che comporta in termini di fraternità, solidarietà e rispetto (...)” ha aggiunto il porporato. “Al suono delle campane e ai richiami del muezzin, il Libano - ha concluso il patriarca - cammina in questo Oriente come fratello degli arabi e sostenitore della verità”. Egli ha infine esortato i libanesi che lavorano in Arabia Saudita a fare prova di massima lealtà verso il Paese ospitante. “I nostri figli emigrano in Arabia per lavoro. Sono messaggeri dal Libano, non quelli di un altro Paese o di un altro progetto”. 

No al concetto di minoranza

Da parte sua, l’ambasciatore saudita Walid Boukhari ha espresso il suo attaccamento e il suo impegno a preservare il Libano come Stato libero, sovrano e indipendente, insieme all’unità nazionale dei libanesi. “Noi speriamo - ha detto - che i partiti politici privilegino l’interesse libanese” a dispetto degli interessi di parte che bloccano la formazione del governo. Per il diplomatico saudita “alcuni cercano di minare le relazioni fra il Libano e il mondo arabo e di coinvolgerlo in un asse che finisce per minacciare la sua identità araba”.

In un approccio globalizzante del mondo arabo e islamico, il diplomatico ha aggiunto: “Di fronte alla legittimità islamo-cristiana, il concetto di minoranza non trova posto”. “Non permettiamo che l’identità libanese venga compromessa sotto qualsivoglia pretesto. I cristiani, come i musulmani, sono componenti essenziali dell’identità araba levantina” ha insistito, arrivando persino a citare osservazioni che vanno nella stessa direzione tracciata dall’imam Mohammad Mehdi Chamseddine, uno dei più illustri oppositori sciiti di Hezbollah. Il sig. Boukhari aveva iniziato il suo intervento ricordando che rimuovere il Libano dal suo ambiente arabo significa andare contro la Costituzione, che sancisce nel suo preambolo “l’identità e l’appartenenza araba” del Libano. 

Nella foto da sinistra a destra il giornalista ed editore Naufal Daou, il patriarca Raï, l’ambasciatore Walid Boukhari e p. Antoine Daou