Pechino: rallenta l'economia e cresce la disoccupazione giovanile
di Li Qiang

Nel secondo trimestre il Pil cinese ha segnato un +7,9%, meno della metà del risultato registrato nei primi tre mesi dell’anno. Analisti: a fine anno il Paese supererà comunque le previsioni di crescita del governo. Giovanni disoccupati in giugno saliti al 15,4%: a maggio erano il 13,8%.


Pechino (AsiaNews) – Nel secondo trimestre dell’anno il prodotto interno lordo cinese è cresciuto del 7,9% rispetto allo stesso periodo del 2020, lo ha rivelato oggi l’Ufficio nazionale di statistica. La ripresa economica dalla crisi del Covid continua in Cina, ma a un ritmo più lento: nei primi tre mesi del 2021 il Pil nazionale aveva segnato un aumento annuo del 18,3%. Le autorità hanno salutato i nuovi dati sottolineando lo “stabile” e “solido” consolidamento economico: l’impennata della disoccupazione giovanile racconta però un’altra storia.

I valori annuali del Pil cinese sono alterati dal basso livello di riferimento dello scorso anno, quando nel primo trimestre Pechino ha registrato una contrazione del 6,8% per gli effetti della pandemia. Gli analisti sono concordi però che al termine dell’anno il Paese supererà di circa due punti percentuali le previsioni di crescita fissate dal governo al 6%.

Secondo l’Ufficio di statistica, l’economia cinese è sostenuta da una robusta produzione e da una salda domanda; i prezzi rimangono stabili e i consumi sono andati oltre le aspettative (sebbene in calo rispetto a maggio).

Le autorità professano ottimismo anche per l’occupazione, anche se i numeri ufficiali presentano un quadro imperfetto della situazione, dato che non tengono conto di decine di milioni di lavoratori migranti.  In giugno il tasso di disoccupazione nelle aree urbane si è fermato al 5%, lo stesso livello di maggio. Il problema è che quello della popolazione tra i 16 e i 24 anni è passato nello stesso periodo dal 13,8 al 15,4%.

Produzione manifatturiera ed esportazioni hanno trainato il recupero cinese dalla pandemia. Il Paese si trova a fronteggiare una crescita sbilanciata, con le industrie dei servizi che faticano a tornare ai livelli pre-emergenza. La mancanza di opportunità nel terziario mantiene alto il livello di disoccupazione giovanile, soprattutto fra i laureati.