Nepal, la cultura nazionale rifiuta la violenza dei maoisti
di Prakash Dubey

Commenti negativi alle dichiarazioni del leader ribelle contro il re. La Suprema corte libera l'ex premier, detenuto da luglio.


Kathmandu (AsiaNews) - Commenti negativi alle dichiarazioni rese ieri dai ribelli maoisti. Intanto torna in libertà l'ex primo ministro.

Re Gyanendra "deve lasciare il Paese - ha detto Prachanda, leader dei ribelli maoisti, in un'intervista diffusa il 13 febbraio, 10° anniversario della rivolta - o essere giudicato da un tribunale del popolo".

"Questa dichiarazione - commenta ad AsiaNews Ravikant Mishra, attivista per i diritti umani - è assurda nell'attuale scenario politico del Paese, dove tutte le forze politiche cercano di costruire un dialogo". A novembre i ribelli maoisti e la coalizione dei partiti politici che si oppongono al potere assoluto monarchico hanno raggiunto un accordo per la democrazia multipartitica, un referendum sulla monarchia e la rinuncia alla violenza. All'inizio del mese Prachanda ha detto, in un'altra intervista, che vuole un dialogo con il re per porre fine alla rivolta che ha causato oltre 13 mila morti.

"Ma ora - prosegue Mishra - Prachanda ha cambiato posizione come un camaleonte, chiedendo che il re sia esiliato o processato. Questo non favorisce la pace e potrebbe portare a maggior violenza".

"Prachanda non deve dimenticare - aggiunge Norbert Rai, avvocato del Nepal orientale - che la cultura del Paese è radicata nella non violenza, malgrado il crescente numero di uccisioni e scontri scatenati da ribelli ed esercito. La nostra legge non prevede pene capitali, tanto meno per il re che la popolazione considera come una persona divina". Simili dichiarazioni - prosegue Rai - possono solo "rinforzare la convizione della gente che i maoisti hanno un cultura di violenza e sangue e non possono diventare fautori della pace nel Paese". "Il popolo vuole pace e riconciliazione, non uccisioni", e queste affermazioni "possono solo allontanare il popolo dai maoisti e dai partiti politici alleati con loro".

Ieri, intanto, la Suprema corte ha liberato Sher Bahadur Deuba, ex primo ministro, e ha dichiarato "invalido" l'ordine di arresto per il quale, su indicazione del re, è stato detenuto da luglio con l'accusa di corruzione. Deuba è stato rimosso nel febbraio 2005, quando il re si è arrogato tutti i poteri.

"Questa - ha commentato Dip Kumar Upadhaya, membro del partito di Deuba - è una vittoria per la democrazia e una sconfitta umiliante per la monarchia".